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domenica 31 marzo 2013

Lo scherzo, la poesia, il tempo. Un saluto a Giovanni Perich

di Alberto Capece

Il tempo della vita è quello della catastrofe, della divergenza, non quello dell'ordinato e lento mutare delle cose. E' il tuono improvviso, la caduta e il panorama inaspettato, non la maturazione del vino nella botte, il cauto volere che indugia e anche l'attesa diventa il flash del raggiungimento, l'istantanea che già declina il passato. O, al contrario, a volte è il ricordo si estende dentro un illusorio presente fino a che il peso del tempo non fa crollare gli incerti prolungamenti. Il cedimento improvviso mentre si è ancora sul ponte, ancora così terribilmente giovani.

Accade. E a me è accaduto oggi che ho saputo della morte di una persona che non saprei definire: non era in senso proprio un amico, né un maestro, né un compagno di esplorazione del mondo, né un sodale o una semplice conoscenza. Era un possibile lievito, qualcuno che non avrei voluto essere, ma che per qualche verso ero, qualcuno che non capivo perché non mi capivo, qualcuno così distante da ritrovarmelo alle spalle.
Giovanni Perich, poeta e piccolo romanziere, conosciuto quando, ancora molto giovane, diventò il mio professore di italiano al liceo e con il quale in seguito riuscii a non condividere quasi nulla se non una sorta di ambizione letteraria. Sembra impossibile che sia morto, quando ancora mi irrito all'idea che non abbia apprezzato una sciocchezza abbozzata in un tema su Manzoni: che l'autore dei Promessi Sposi avesse preso per autenticità italiana la sua provincialità.

In compenso mi fece scoprire Sereni e Luzi, proprio lui che ne era poeticamente l'opposto. Ricordo i pomeriggi passati nella sua casa di via del Piombo, a Bologna, a pochi metri dalla casa di Giorgio Morandi e dal mausoleo Carducci: si facevano piani per una rivista letteraria, si sognava e si vedevano scendere sere desolate, assieme ad un amico della mia infinita adolescenza, Pier Damiano Ori. Ed è assieme a lui che ogni tanto gli facevano degli scherzi feroci: la gelatina nella vasca da bagno dove da solitario metteva a bagno i suoi panni, così che se li ritrovò ricoperti come in un delizioso aspic di magliette e mutande. Oppure l'altro scherzo, quello di cui non ha mai saputo e che ora è possibile raccontare.

In quel periodo insegnava al liceo Augusto Righi e avevamo notato come ogni tanto si perdesse dietro a descrizioni e impercettibili fantasie sulle sue alunne. Così con feroce rapidità organizzammo una burla. Un pomeriggio gli facemmo telefonare da una nostra amica di università che si finse un'allieva del Righi, anche se non delle sue classi, la quale con voce esitante gli chiese se poteva passare venirlo a trovare a casa.
Quasi morimmo dal ridere quando gli sentimmo dire, dalla stanza da letto, dov'era il telefono: "Ma certo cara vieni quando vuoi". E non so come facemmo a resistere quando il tardigrado poeta divenne un lampo nel cercare di rimettere un po' a posto gli ambienti e si fiondò a comprare una bottiglia di Martini dry, coca cola e sigarette. Poi come concordato, proprio mentre si apprestava a sbatterci fuori, ecco che la nostra amica richiama e con voce pentita dice: "Professore, io vorrei venire, ma mi manca il coraggio" . La desolazione del volto con cui ci annunciò che non sarebbe più venuta, permettendoci di stappare la bottiglia ce l'ho ancora negli occhi.
La cosa doveva finire lì, ma un qualche istinto ci spinse a non togliere il coltello da quella scalfittura e cominciò così una corrispondenza via fermo posto con Elena, la ragazza misteriosa, che era sempre sul punto di comparire sulla sua soglia, ma che non la varcò mai. Una piccola tempesta di tenerezze e di dinieghi che durò anche due mesi, quando dovemmo smettere perché lui era ormai deciso a mettere le mani sui registri della scuola per rintracciare quell'audace e ritrosa studentessa.

Tutto sembrò affondare in breve tempo dentro il territorio carsico della memoria ed Elena sembrò sparire così com'era comparsa. Fu solo una decina di anni più tardi, dopo la diaspora dovuta al lavoro e a quel po' di età adulta recuperata a fatica, che una sera, parlando del passato, Perich ci confessò che in fondo l'amore più intenso della sua vita era stata Elena. " Vi ricordate, quella delle lettere".
Certo che ci ricordavamo, anzi eravamo noi. E fu anche questa una catastrofe a suo modo, un tuono sulla vita e sulla sua fragilità..
Così adesso che per Giovanni è arrivata "la lunga notte che divento niente" scavo tra le sue poesie per trovare l'eco di quella vicenda e assieme del suo essere, come in uno di quei pomeriggi che la nebbia appannava i vetri e dentro la vita mormorava:

 Preparare la non sopravvivenza

nello scempio benevolo

dei vivi; fin da ora

libero dal fastidio di sapermi

ancora ombra dove

è, per gli altri, la vita

carne e sangue, e mangiari e odori e amori.

giovedì 28 marzo 2013

Le ridi di marzo


di Mariaserena Peterlin

28 marzo dell'era Bersani


Soffermato a sinistra su sponda
dall'impervio ostinato grillino
tutto assorto nel proprio destino
perso il filo di antiche virtù
l'ha giurato: “non sono venuto
a smacchiare gli insetti molesti
e tra grilli, giaguari e somari
questa volta si perde alla pari

Il Battiato Traviato

Di quel Battiato
già vogliono lo scalpo
di sdegno inondano
l'universo intero
Crocetta, crocetta e delizietta
crocetta e delizietta
delizia al cuor(icin)....

mercoledì 27 marzo 2013

Bagatelle italiane


di Mariaserena Peterlin


IL 5_OLTRAGGIO

Ei fu
siccome Terzi
diede il fatal ritiro
e annuncia dimissioni
senza manco un sospiro

muto percosso attonito
il Monti al nunzio sta.




CUCCURUCCUCCù, Battiato

Battiato... ohh sì Battiato
ha certo esagerato
però le palombelle,
sian bianche nere o gialle
forbite saputelle,
si buttan sul becchime
difendono il mangime
fan "cuccuruccuccù
non farlo! no mai più!
Facciamo pulizia
cultura? pussa via!"

giovedì 21 marzo 2013

Consultazioni


di Mariaserena Peterlin

Or che Grasso con Boldrini
sono eletti a maggioranza
bravi stereo gemellini
dicon cose non di panza
ma leggendo i compitini
all’unisono fan danza.

 I giornali preoccupati
del programma a cinque stelle
del non esser finanziati
stan facendo tremarelle
ma gl’italici arrabbiati
son per queste e altre parcelle.

Mentre al colle soffia il vento
si ricevono opinioni
non c’è alcun che sia contento
(e si cambian pannoloni.)
Che succede sottovento
tra bersani e berlusconi?

L’uno par poco contento
e già teme dei bidoni
l’altro cela lo scontento
dietro i suoi neri occhialoni.
A chi arride il sopravvento?
A miscugli e coalizioni?

A chi giova il baccanale
del porcellum elettorale?
Cova il popolo sovrano:
“St’altra volta ve menàmo

lunedì 18 marzo 2013

di Mariaserena Peterlin



Con passi di schiavi
e senza scarponi
ci fanno marciare
per luoghi comuni


"Tra crisi e emergenze
accetta di tutto!"
proclama il potere
e noi tutti a lutto.


Si celebra e loda
l'Italia unitaria
e il civis italiano
è trattato da paria,


e mentre è vessato
tra tasse e decreti
nell'ombra si tramano
accordi segreti.

sabato 9 marzo 2013

L'orbo renitente


di Mariaserena Peterlin

Er poro berlusca
la vista ha un po' fosca
fu forse la dura
pozion di tintura
spalmata alle ciglia
e alle sopracciglia
oppur una spastica
da blefaroplastica?
Se l’occhio s’infiamma
fu un porno in programma?

Ma l'Ilda, la Rossa,
la testa ha già scossa:
smacchiatelo a breve
quest'è malafede!
S’inizi il processo
con l’occhio dismesso
la scusa è assai scarsa
finisca la farsa!

Berlusca imputato
con l’occhio bendato
chiamava il dottore
"ahiahi che dolore!"
E al colmo del male
controllo fiscale!

giovedì 7 marzo 2013

Poema di D'Alema


di Mariaserena Peterlin


"Mi ciuccio l'inciucio"
già disse il d'Alema
e al Monti e all’Alfano
non volgo la schiena!

Ma, ciuccia e rinciuccia,
s’ingrossa il pasticcio
e un grillo stellato
rivela il posticcio.

Rimira il d'Alema
perplesso la scena:
 "l'inciucio m'inciucia!
E non poco mi brucia

che i voti di destra
sian pure a sinistra
poiché che le elezioni
(italiani birboni)

ci han dato le stalle
insieme alle stelle.
Orbene, a strattoni,
se il no è a Berlusconi

io apro alla destra
che con manolesta
tra orge ed olgette
m'ha messo alle strette."

Il popolo freme
e poco si tiene;
“ Tra fischi si gema:
va’ fuori o d'Alema!” 

domenica 3 marzo 2013

Milano, provincia di Reggio Calabria


di Anna Lombroso

Bisognerà ricordare ai lombardi che hanno votato Maroni quando la Lega diceva forza Vesuvio, forza Etna, che le mafie erano una malattia meridionale e che la padania sana non poteva esserne contagiata. Bisognerà ricordare loro che hanno votato quelli che sedevano in Giunta con un assessore che aveva preso voti dalla criminalità organizzata. Intanto sarà bene che si leggano l’allarme dei servizi a proposito dell’Expo milanese del 2015 e la denuncia che le grandi opere di edilizia pubblica ("specie nella riqualificazione delle rete stradale, autostradale e ferroviaria") e il settore delle energie rinnovabili sono da tempo nel mirino della criminalità organizzata di stampo mafioso, la cui capacità di infiltrazione appare "sempre più pervasiva su tutto il territorio nazionale", grazie all’accentuata mobilità territoriale dei sodalizi che consente loro di inserirsi agevolmente in circuiti collusivi in grado di soffocare l'imprenditoria sana ed inquinare le iniziative di sviluppo anche attraverso l'aggiramento della normativa antimafia sugli appalti.

Secondo le indicazioni raccolte, "i gruppi criminali continuano a ricercare contatti collusivi nell'ambito della pubblica amministrazione, funzionali ad assicurarsi canali di interlocuzione privilegiati in grado di agevolare il perseguimento dei loro obiettivi economici e strategici, quali il controllo di interi settori di mercato e il condizionamento dei processi decisionali, specie a livello locale.

Da anni si sa del traffico internazionale di sostanze stupefacenti, pusher in tutti i quartieri, ma anche della penetrazione nei meccanismi degli appalti, degli appoggi incondizionati da parte degli esponenti degli enti locali, del supporto ai voti dei politici, del supporto di voti ai politici, delle compartecipazioni o proprietà di società quotate in borsa, di locali alla moda, di bar lussuosi, di SpA a San Babile, centri bio e palestre.
Non è una rivelazione che non ci sia settore merceologico, professione, attività profittevole esente da attenzione criminale: dagli ipermercati alle imprese di movimentazione terra, dalle ditte di distribuzioni alimentare e di fornitura come l’Ortomercato, alle società immobiliari, dall’acquisizione di intere vendemmie, alle ditte di prèt-a-porter, con una netta preferenza per comparti legali e sani, con qualche problema di liquidità, appropriati per la conversione di movimenti opachi, per accreditarsi in ambienti inesplorati, per dare “reputazione” a quanto era consigliabile mantenere invisibile.

Da un’analisi sulle imprese sequestrate emerge il quadro delle “preferenze imprenditoriali” delle mafie: al primo posto l’edilizia, il mattone compone il 42 % delle società sequestrate, confermandolo come il settore più permeabile alla penetrazione. Considerata la loro liquidità, le organizzazioni criminali battono la concorrenza nell’aggiudicazione degli appalti. Sono disposte a eseguire lavori in perdita pr riciclare denaro sporco. Senza contare che gli intrecci opachi dei clan con la politica e la pubblica amministrazione, favoriscono i cambi di destinazione d’uso, le scorciatoie e le licenze facilitate, così come l’aggiramento di controlli.

Gli altri settori oggetto delle attenzioni mafiose più pesanti sono commercio, turismo, ristorazione, agricoltura, intermediazione, energia e rifiuti, sanità, giochi e scommesse e servizi, occupati dai clan sotto forma di Srl o ditte individuali, anche con prestanome inconsapevoli.
Un nuovo core business, paradossalmente, è il settore della sicurezza: ditte che forniscono vigilantes, ditte di dispositivi di protezione, agenzie di buttafuori, eserciti di addetti alla security fuori dai localrei, controllori di posteggi.

Nella rimozione spesso complice del fenomeno, dalla fine degli anni Sessanta, soprattutto la ndrangheta – ma la concorrenza di altre mafie è sempre più forte - si è ramificata nel Centro e nel Nord Italia. A favorirne l’insediamento della pingue Val Padana, un provvedimento: il soggiorno obbligato imposto a alcuni appartenenti delle organizzazioni criminali, nato da una convinzione plausibile, lo sradicamento dell’autorevole esponente dei clan dal loro territorio. Si verifica da subito un processo inverso, a cominciare dai parenti, poi l’intera sfera “familiare” influenzata dal capo a “trasferirsi” importando usi e contaminazioni, sequestri di persone o serpeggianti infiltrazioni. Così non è stato il luogo a cambiare il criminale, ma il criminale a trasformare il luogo.

Detto così sembra che ci sia stata una invasione silenziosa di barbari provenienti da un Sud marcio, tossico e violento in un Nord pacificamente disponibile all’assoggettamento, coppole e lupare che pervertono l’indole onesta e operosa di ottusi polentoni. È che convenienza e triti stereotipi hanno preferito tacere di accordi e vincoli stretti per reciproca convenienza, di taciti compromessi concordati con scambievoli favori, voti, potere, accreditando l’ipotesi convenzionale di un parallelo virtuale, con la legalità, la laboriosità, l’onestà, su, e il malaffare, la sopraffazione, la violenza, giù. Basterebbe invece ricordare qualche caso esemplare e simbolico di quell’intreccio avvelenato tra sedicenti virtuosi e dichiarati trasgressori: a cominciare dall’inchiesta aperta dalla procura di Caltanissetta sul suicidio di Raul Gardini, che avrebbe accertato i legami dei manager della Ferruzzi e della Calcestruzzi con Riina, già denunciati da pentito Messina nelle dichiarazioni rese a Borsellino nel ’92. O lo sfondo oscuro su cui si sono mosse gli attori del caso Parmalat, tra i quali fa spicco un nipote di Zagaria, secondo le regole e la tempistica di quello che il magistrato Cantone ha definito il “fattore 3 C”, convivenza, connivenza, convenienza, ben noto a esponenti di spicco della politica, gl Scajola, i Lunardi, convinti appunto che è realistico scendere a patti con la mafia, presenza inevitabile fino a diventare desiderabile.

Oggi la crisi dell’economia ufficiale sancisce la crescita dell’economia criminale, il cui moltiplicatore è alla base della piramide sociale, la gente impoverita che va dai compro oro, si rivolge agi usurai, mette la testa nel cappio. Ma la più fiorente azienda del Paese non si accontenta più delle fedi nuziali o dei gratta e vinci degli straccioni, sempre più ricattati perché più mafia significa costo del denaro più elevato e sempre meno prestiti. Le modalità, i metodi e le procedure del gioco d’azzardo della finanza creativa coincidono o mutuano reciprocamente con quelli della criminalità, si nutrono di corruzione, evasione, riciclaggio. Gli appetiti delle mafie sono insaziabili come quelli della finanza accumulatrice e rapace, e i luoghi diventeranno comuni: istituti di credito e banche sono oggetto di penetrazione di cupole internazionali, così come finanziarie e gestori di fondi. La globalizzazione ha trovato la tua terra senza confini e il suo humus più favorevole nel malaffare, è riuscita nell’opera che pareva impossibile di raggiungere l’uguaglianza più perversa tra Nord e Sud.