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giovedì 21 giugno 2012

Solstizio d'estate



di Alberto Capece Minutolo


"Improvvisamente fu estate". Le strade polverose di Herman Hesse, i giardini affannati wo Menschen geboren und wieder begraben werden, dove gli uomini nascono e poi ritornano morti, le fate di Shakespeare,  il vagabondare di Rimbaud "guardando la natura come un innamorato" e persino gli scolaretti di Rodari, passano per l'antica cruna del solstizio d'estate. La giornata più lunga, il giorno magico degli uomini, quello in cui sul tropico del cancro il sole raggiunge lo zenit e ogni ombra sparisce realmente e simbolicamente, quello in cui sul circolo polare artico il sole non tramonta mai..

Sarebbe impossibile raccontare riti, magie e leggende legate a questo giorno,  presenti in ogni cultura e che in sostanza celebrano il sole e il mondo umano, quello della natura feconda, della vita, del lavoro, così lontano da quello dell'Ade e del mistero inquieto che invece viene celebrato nel solstizio d'inverno. Persino Omero fa coincidere il ritorno di Ulisse a Itaca e la cacciata dei Proci con il giorno della luce,dedicato ad Apollo:

“O padre, prodigio grande vedo cogli occhi!
Davvero i muri e i begli architravi di casa,
e le traverse d’abete e le colonne eccelse
splendono agli occhi come se ardesse il fuoco:
qui certo c’è un dio, di quelli che il vasto cielo possiedono”.


La festa di San Giovanni che è ciò che rimane a noi delle antiche ritualità, è un adattamento cristiano ai riti solari. Il 4 giugno è dedicato all'evangelista perché la sua "buona novella" comincia con  "In principio era il Verbo", facendo  riferimento al principio della creazione cosmica e alla rinascita della Luce.


Cionondimeno il solstizio contiene in sé un ambiguità e non a caso nell'antica Roma, sia quello d'estate che quello d'inverno erano dedicati a Giano bifronte, il dio delle porte e dei passaggi: i due eventi astronomici erano infatti considerati porte che si aprivano sul mondo la porta degli uomini in estate e quello degli immortali o dei morti in inverno. Il fatto è che proprio quando si celebra la massima elevazione del sole sull'orizzonte, la nostra stella comincia il suo declino, mentre quando è al minimo delle sue forze, il 21 dicembre riprende a crescere. E' come se la vita stessa non potesse fare a meno di questa dialettica o meglio dell'idea di ciclo in cui l'apice rinvia al declino  e il momento più basso alla rinascita. E forse la vera porta è proprio questa: tra la fragilità del vivere e la persistenza degli dei, tra lo scorrere del tempo e ciò che è eterno: ogni momento topico del ciclo riporta a ciò che è perenne.

Ma il riferimento al solstizio d'estate non è casuale, proprio oggi, proprio in questo periodo, se invece che alle infinite ritualità si ripercorre la storia delle parole.Solstizio deriva da solis statio, cioè il fermarsi del sole prima di intraprendere un nuovo ciclo. Ma ha in sé anche l'idea di saldezza e di forza, di rimanere in piedi:. Il verbo stare che deriva dalla radice sanscrita stha si è conservato quasi intatto in tutte le lingua indoeuropee  dal latino (e successivamente italiano) stare, al greco stasis, al gotico stathis, all'antico slavo *stati   e così via fino alle lingue moderne. Questa straordinaria robustezza di un lemma attraverso i secoli, anzi i millenni e le migrazioni ne testimonia l'importanza cruciale e non a caso in molte lingue ha dato origine alle parole stato, luogo, dimora, città (Stat in antico germanico), stele. La stessa parola sito di cui oggi facciamo un grande uso dopo la rivoluzione della rete, deriva dall'azione di rimanere in un luogo: tistami in sanscrito, istemi in greco,   stalham " in antico germanico. E se volessimo scherzare, ma non troppo lo potremmo collegare con l'espressione italiana mi sistemo.


La parola solstizio si lega dunque per via etimologica a quella stessa della civiltà umana, almeno a quella nata dopo la grande rivoluzione agricola e tecnologica che fece nascere le società stanziali: si trova intrecciata a quelle delle istituzioni, della dimora, della città, dello stato, del lavoro. E' intrinseca all'abitare e alla civitas nelle sue diverse evoluzioni storiche, al fare umano e al suo valore. Tutte cose che oggi sono in grande pericolo assieme alle conquiste che si sono succedute. Faust si rivolge alle forze oscure per avere l'impossibile, per raggranellare un'illusione di giovinezza e di sapere, che fa solo il gioco dell'imperatore. E in un'estate, dopo aver compreso l'errore e l'inutilità della sua avventura, guarda la valle e comprende il significato dell'attimo fuggente, di questo giorno di giano dedicato all'uomo: "Sì, io mi sento votato a quest'idea, ultimo fine di ogni saggezza. È solo degno della libertà e della vita colui che sa conquistare ogni giorno. Così in mezzo ai pericoli che lo circondano, qui il fanciullo, l'uomo ed il vegliardo vedano passare serenamente i loro anni. Oh! perché non mi è concesso di vedere una simile attività, di vivere in terra libera, in mezzo ad un popolo libero! Allora non tarderei ad esclamare: Sii lenta a scorrere, o vita, bella come ti mostri!"


Si dobbiamo farla bella la  vita, non deforme e umiliata come pochi vorrebbero. Questo ci suggerisce il solstizio