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venerdì 30 marzo 2012

Montismo


di Massimo Pizzoglio


Il Montismo è considerato dalla comunità scientifica internazionale un disturbo che interessa la funzione cerebrale; la persona affetta da tale patologia mostra una marcata diminuzione dell'integrazione sociale.
Attualmente risultano ancora sconosciute le cause di tale manifestazione.
Più precisamente, data la varietà di sintomatologie e la complessità nel fornirne una definizione clinica coerente e unitaria, è recentemente invalso l'uso di parlare, più correttamente, di Disturbi dello Spettro Montistico (DSM o, in inglese, MSD, Mountistic Spectrum Disorders).
A livello di classificazione nosografica, nel DSM-IV è considerato rientrare nella categoria clinica dei "Disturbo pervasivo dello sviluppo sociale", cui appartengono, fra le varie altre sindromi, anche la sindrome di Aspen, la sindrome di Rett Butler e il Disturbo disintegrativo dei diritti sociali acquisiti in cent'anni di lotte.

venerdì 23 marzo 2012

Lavoro, le favole e la realtà

Lettera di Miss Apple


E’ giovedì, marzo inoltrato, è arrivata la primavera e io rompo il mio silenzio stampa su Monti, Fornero e governo tecnico tutto, in fase di rianimazione del paese. Ora non posso piu tacere, l’ho fatto fin ora solo perchè stavo studiando, con certa ammirazione, ammetto, le gesta di questi marines arrivati a salvarci dal baratro. Io non so da dove iniziare, non ho alcun titolo per cui poter scrivere, scrivo da cittadina sconfitta da me stessa, dalla mia incapacità di essere, forse, obbiettiva e critica di fronte ad un disastro così immenso. Sono nata agiata, non ricca, ma agiata, mai mancato nulla, figlia di commercianti, infanzia ed adolescenza facile, senza intoppi economici. Poi io decido di non proseguire le cose di papà e cerco lavoro di tutt’altro genere, una professione onesta, appagante che svolgo sempre con amore, almeno credo. 


Nel frattempo mi interesso sempre, fin dall’adolescenza, dei problemi del mondo, lotte per una dignità sociale, mi sento piu a sinistra, che a destra non disdegnando le comodità che son, da sempre - e chissà perchè poi- reclamate con gran diritto, a destra, ma sempre accanto ai lavoratori, a chi suda per vivere, ho sempre visto i miei lavorare tutto il giorno, mi facevano rigare dritto, tutti dovevano contribuire al benessere della famiglia. Non voglio fare un discorso su cio’ che è stata la mia vita ma scrivo cio’ per aiutarmi a scrivere quel che seguirà. Mi piace Monti, questo è il punto. Non lo trovo infame. E’ un uomo delle banche? beato lui. beato lui che ha studiato più di me, che sa come muoversi nei meandri dell’economia mentre io sono una disgraziata che spende e spande e non risparmia (se lavorassi con lui mi segherebbe subito, articolo 18 mi farebbe una cippa...) Ma ora è il momento di metter le mani su questo nostro paese: non mi sono infastidita quando una delle tre ministre ha detto che siamo mammoni, è vero, lo siamo. o molti di noi lo sono, protetti da genitori, genitrici, -specialmente- molto avvolgenti e rassicuranti. Ho avuto la fortuna di crescere un po’ in mezzo al mondo, vivendo a Venezia ho avuto amicizie da ogni parte del mondo, siamo gli unici noi ad avere il posto fisso. Ho amici che hanno girato da un capo all’altro dell’America. Ora, non dobbiamo copiare per forza loro, vero. Ma questo è un momento di emergenza, manca il lavoro, eppure i cantieri edili sembrano sedi dell’Onu, così come le corsie degli ospedali e le cucine dei ristoranti. Non voglio fare come quel buffone che disse ai giovani di non laurearsi, tanto non serve: studiare è importante, bisogna entrare in un nuovo sistema. Quel che c’è, c’è. l’ho fatto pure io, nonostante diplomi e altro: piatti, ho lavato, e pulito case Ora sono nel settore pubblico e vedo cose che mi irritano, nonostante il cuore sia sempre a sinistra, sprechi e privilegi inutili, esattamente come nella casta politica. 


Sarebbe stato bello se Monti e amichetti avessero imposto da subito il black out su pensioni d’oro a politici, anche di piu di una legislatura. Ieri sentivo il ministro barca dire che verranno tolti i privilegi a dirigenti che vengono promossi, appositamente, poco prima della pensione per percepire piu’ soldi. E non è giusto, questo sistema deve finire, doveva finire pure il sistema delle baby pensioni, là nessuno si è ribellato, eh! nessuno si ribella a incentivi a lavoratori piuttosto che ad altri solo perchè si usa così. Quello va bene? Sto cominciando a pensare che molte cose vanno male perché nessuno ha mai voluto vedere prima e ora, ahimè, vediamo il male solo dalla parte sbagliata Chi mi ha già letta sa che adoro Maurizio Landini, è un uomo onesto che parla col cuore in mano, che urla di disperazione e che mi piacerebbe vedere lavorare accanto alla Fornero, io sono una creativa nata, ma la vedo bene così, sono due forze che insieme farebbero il bene di tutti. 


Ora mi rimane articolo 18, ma mi rimane anche la Cina, sì, la Cina. Adesso io devo capire se questo articolo 18 serve o no, a salvarci dalla Cina, perchè è questo il vero pericolo, non la Grecia, ma la Cina con l’amichetta India. Ma è tutto l'impianto che va sostituito, non c'è via di scampo, il potere oramai è in mano ai cinesi, agli indiani. L'America è oramai un ricordo di potenza economica e l'Europa non da meno, dobbiamo fare sante alleanze, per forza, qua diventiamo il nuovo terzo mondo. articolo 18 o meno. anche io, come Bersani ho avuto tentennamenti, ma resto confusa. Non vedo questi tecnici come dei corrotti, li vedo tutti in un loro mondo, hanno studiato, viaggiato, conosciuto il mondo del lavoro girando il mondo, si sono confrontati con realtà diverse dalla nostra, forse riconosceranno i nostri difetti senza magari conoscere profondamente il paese, vero. Ma non li vedo corrotti, qualcosa bisogna pur fare, loro non hanno nulla da perdere, non sono politici. loro, Loro sono una cosa chiara, il loro arrivo ha segnato il definitivo fallimento della nostra politica, al massimo torneranno a Bruxelles o Washington. Io temo di più chi resterà, basta, sennò mi incarto e vi annoio. Una sola cosa: dedico questa cosa a Peter, che da sabato non ci legge più. Ha trovato un mondo, forse, piu pacifico.

Risposta di Anna Lombroso



Dopo anni nei quali nessuno si dichiarava governativo salvo chi stava fisicamente al governo, che non trovavi uno che confessasse di essere berlusconiano nemmeno a pagarlo a peso d’oro, manco quanto Scilipoti, che al massimo trovavi al bar la mattina estimatori del premier ma solo per le sue prodezze erotiche, ecco che invece il governo più ostile al popolo degli ultimi 150 anni incontra grande e estesa popolarità.
Piace alla cosiddetta stampa indipendente quanto al giornale di Confindustria, piace a chi pensa che un po’ di misure penitenziali sono il doveroso castigo per abitudini dissipate, piace a chi si augura che credere alle profezie le costringe ad avverarsi, piace a chi preferisce la delega alle scelte e le cambiali in bianco alla responsabilità, piace alla pletora dei risentiti che pensa che la spocchiosa siderale distanza dalla massa sia una garanzia di disinteresse e dunque di onestà, piace ai militanti del partito dell’antipolitica che li elogia per aver messo in castigo i partiti.

Non farò il torto alla mia amica miss Apple di vedere in lei l’idealtipo del cittadino filo-montiano. La so in buona fede e dunque immagino che l’affidamento alle virtù taumaturgiche dei cosiddetti tecnici sia meditato e limpido e nasca da una partecipe preoccupazione per le sorti del paese. Ma credo sia dettato anche da un bel po’ di quei malintesi che sorgono quando la speranza fideistica e il pensiero magico prendono il posto della razionalità.
È che non è mica vero che sono arrivati i nostri a salvarci. Altro che patto per la salvezza tra la parodia della Thatcher e Landini: da una cinefila mi aspetto che sappia riconoscere che le ombre rosse siamo noi, ridotti a fantasmi della cittadinanza, che il governo dello stato di eccezione è sempre un governo di guerra, mossa questa volta contro i lavoratori, che il richiamo continuo alla difesa della Costituzione, allo stesso modo della difesa dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, assomiglia sempre di più alla situazione di una guarnigione che si rinserra nel fortino, mentre l’esercito nemico è libero di devastare e saccheggiare le campagne intorno. E che chi si consegna sperando nella magnanimità non sarà risparmiato, perché proprio come una volta il conflitto è di classe e quelli che oggi sono stati incaricati di gestire l’emergenza stanno conducendo una pulizia etnica e sovranazionale contro intere popolazioni e cittadinanze così che sono riusciti a compiere quell’unità mai raggiunta dal proletariato.

E non è mica vero che sono tecnici, ormai anche il mio modesto computer si è stufato di ripeterlo: sono invece apostoli di una ideologia potente e cinica, un governo politico che corro speditamente a completare il già iniziato in una rivendicata continuità col passato, offrendo scappatoie a chi lo ha preceduti e lo condiziona, eseguendo lo sporco compito di svuotare lo Stato, minare la sovranità, togliere valore al lavoro, sostituire al bene generale l’interesse privatistico, scavalcando il sistema parlamentare a suon di decretazione. Si è vero sono stati imposti grazie a una sedicente competenza, ma sono i bramini di una religione che sta intridendo tutta la società attraverso principi e pratiche che rendono più profonde le disuguaglianze, inattaccabili i privilegi, discrezionali i diritti, augurabili i sacrifici e tollerabili i soprusi, in nome dello stato di necessità superabile solo grazie all’unico sistema di teoria economica che possa considerarsi vero e salvifico. E che è appunto quello che ci ha dannati: quello dei profeti del mercato capace di autoregolarsi, gli apologeti della deregulation, ché la licenza liberista permette alla casta contabile di perpetuare il primato rapace del profitto e l’egemonia della finanza immateriale.

E non è mica vero che sono competenti, se per competenza si definisce l’insieme di attributi efficaci nello svolgimento di un incarico. Perché allora si richiede lungimiranza, capacità di ascolto in modo da esercitare scelte oggettivamente utili, facoltà connesse alla valutazione delle conseguenze. E indipendenza dalle pressioni che alla lunga corrompono l’autonomia delle opzioni. In questo caso la competenza è sostituita dall’ubbidienza, dal conformismo rispetto a indicazioni e sollecitazioni esterne che si sono già dimostrate perniciose per altre realtà. La corruzione dell’ideologia dell’accumulazione esercita una tremenda fascinazione, si declina in vari modi così come l’avidità. La frequentazione delle dottrine che la riguardano non rende immuni specie se i remoti studi di economia si limitano all’esercizio accademico, alla produzione di corpose dispense o di celibi teorizzazioni. Altrimenti non pretenderebbero di guarirci con la malattia, quella “flessibilità” che ha devastato in vent’anni il lavoro, sradicato la coesione sociale, minato vincoli di solidarietà, impoverito lo stato sociale. Si è vero da Venezia passa tanta gente e così si apprende che altrove non hanno bisogno di posto fisso. Ma è perché di posti ce n’è, si possono seguire vocazioni e inclinazioni e il lavoro non è diventato sinonimo di miseria.

Miss Apple teme la Cina. E ha ragione, l’unica possibilità che questo Paese poteva avere per sopportare la concorrenza dei formidabili competitor risiedeva nella qualità. Ma questo governo e la sua spericolata “marchionizzazione”, l’ostile disinteresse per i valori della cultura e dell’istruzione, la predilezione per i tagli senza contromisure e per l’austerità senza crescita, la determinazione nel rendere lavoro e lavoratori merce da piazzare senza patria e senza regole, l’inclinazione a preferire grandi gruppi, grandi supermercati, grandi opere in un iniquo gigantismo ci esclude dalla competizione. Si è vero da Venezia passa tanta gente e così si apprende che altrove non hanno bisogno di posto fisso. Ma è perché di posti ce n’è, si possono seguire vocazioni e inclinazioni e il lavoro non è diventato sinonimo di miseria. Il presidente del consiglio si accinge a un viaggio in Oriente col bottino poco appetibile di un Paese allo stremo impoverito di sovranità, diritti, creatività, immaginazione e preparazione, dove l’industria che dovrebbe rappresentarci è ridotta a fabbrica cacciavite che lavora per gli altri, dove le piccole e medie imprese annaspano tiranneggiate dalle banche, dove si penalizzano i lavoratori e i pensionati, ma si risparmiano i piccoli e grandi corruttori e gli evasori, abituati quelli si ai grandi viaggi. Pare sia l’ultimo cosmopolitismo concesso e auspicato. Prima che si ricominci a viaggiare con la valigia di cartone a cercare fortuna, proprio noi che la stiamo negando a chi arriva qui e al nostro futuro.





sabato 17 marzo 2012

Occupyamo il futuro


di Anna Lombroso

Oggi compie sei mesi Occupy Wall Street, nato con lo slogan di 'Siamo il 99%' col sorgere del campeggio allegro e rabbioso nel centro di Manhattan, con l’intento di dare concretezza almeno simbolica alla lotta contro il capitalismo finanziario motore di una sempre più profonda e insanabile ineguaglianza sociale ed economica.
Il Corriere ci offre la sua paternalistica e pensosa fenomenologia: la forza della protesta ha perso slancio, sottintendendo “ per fortuna” perché certo folklore ha fatto il suo tempo, adesso bisogna essere seri e sobri, si sa.
Repressione e pochi quattrini hanno quasi sempre l’effetto di tagliare le ali a proteste e afflati insurrezionali. Ma perfino la stampa più schizzinosa riconosce a Occupy la potenza di avere influenzato il dialogo interno e mondiale sulla crisi, sulle sue vittime e sui colpevoli, propagando il valore della ribellione e facendolo circolare, tanto che nel terzo discorso sullo stato dell'Unione, anche il presidente Barack Obama ha fatto appello a un'eguaglianza di reddito mutuato dalle istanze dei dimostranti.

I giornali padronali assumono spesso i toni dei padri burberi con esuberanti giovanotti, ma in questo caso annotano con una certa indulgenza l’inclinazione del movimento a rifugiarsi nell’Arcadia biologica dei farmer di Long Island e della valle dell'Hudson che fanno proselitismo sostenibile vendendo a prezzi proibitivi i loro prodotti rigorosamente organici.
Come dire che l’istinto bucolico del movimento si candida a scendere a patti col sistema, sia pure quello alternativo ma redditizio e selettivo della food justice: più agricoltura naturale, più spazio ai produttori locali e coltivazioni di nicchia, secondo le regole dei Petrini d’oltreoceano. Così nel programma dei festeggiamenti di oggi Occupy Wall Street diventa Occupy Monsanto accreditando la sua Gcu (Genetic Crimes Unit) la lobby biologica che accusa le istituzioni di essere al soldo delle lobby transgeniche.

Io non avrei tanta supponenza nei confronti di questa Arcadia evocativa di un passato più armonioso e speranzosa di un futuro più vigile sui limiti: è doveroso essere diffidenti di misoneismo e luddismo, ma è altrettanto doveroso collocare tra i pilastri di una critica al capitalismo rapace e illimitato, all’accumulazione di illusorie promesse di una abbondanza immateriale ma pesante, una tutela forte e leggera delle risorse, la salvaguardia dei beni comuni, a garanzia di un accesso equo e solidale. E ci mancherebbe che alla concretezza delle analisi sui guasti provocati dal modello di sviluppo capitalistico, diventato incompatibile con la possibilità stessa di costruire un futuro, non si potesse affiancare un'utopia, altrettanto concreta, per invocare un radicale cambiamento di rotta, l’imperativo di realizzare un’ipotesi opposta a quella del liberismo che oggi, per uscire dalla crisi, pretende di imporre gli stessi criteri che l'hanno generata (e con le stesse persone, si potrebbe aggiungere). Imperniata non tanto sulla punitiva decrescita ma sullo sviluppo dei limiti in tema di energia, di agricoltura sfruttamento dei suoli, di salvaguardia del territorio. Dentro un progetto rivoluzionario in quanto finalizzato a cambiare lo stato di cose esistente.
Sia pure in modo confuso si tratta di contenuti che hanno ricominciato ad agitarsi anche da noi e è un merito di quanti usano la battaglia no-Tav nel modo più maturo per confrontarsi sulle politiche del territorio nel quadro di una alternativa di spesa, su una ripresa del welfare che veda lo Stato investitore in un new deal motore di lavoro, istruzione, servizi sociali, cultura, tutela.

Anche in questo caso Occupy Wall Street ha dimostrato che bisogna parlare a anche strillare alla politica. Aveva cominciato la primavera araba, si erano aggiunti los indignados a Madrid e i giovani delle tende di Israele, chi abbattendo gli autocrati, chi criticando le democrazie, tutti uniti nella battaglia contro le crescenti ineguaglianze nelle nostre società. Non è una novità, spiegano economisti come Piketty e Stiglitz, il ciclo capitalistico all´inizio del XXI secolo ripropone i picchi di ineguaglianza dell´inizio del XX. Allora successero disastri, seguiti dalla grande correzione keynesiana e socialdemocratica, durata mezzo secolo.
Ma oggi che è in grado di attuare le misure di mitigazione e poi vi basta temperarlo questo capitalismo avido e spietato?
E possiamo batterlo con un movimento senza leader da assassinate, come ha detto Jesse Jackson, in visita, senza martiri, senza l´ideologia e con programmi aerei e volatili dettati da gente deliziosa, se ha come slogan “Pensare divertente”, ma poco visionaria e al tempo poco pragmatica, se i più concreti si affidano all´ipotesi di una ideologia open source, di cui tutti possano servirsi, migliorandola, come un software, un´interfaccia che agita informazioni da varie risorse della rete.
Continuamente tutti quelli che non si sono consegnati al regime illusi dalle sue soluzioni amare, come se la punizione fosse di per sé salvifica, si chiedono che fare.
È che l’affidamento al regime si declina in vari modi. Molti dibattiti dietro l’intento propositivo nascondono l’intento di salvare il sistema perseguendo prolungando la vita e l’egemonia del capitalismo finanziario e della sua cupola globale. È esemplare quello che succede a proposito di clima, un problema cruciale se non il problema dei problemi, del tutto eclissato dal tentativo, negli Stati Uniti e in Europa, di salvare un sistema che ha accelerato e aggravato tutti i problemi ecologici del pianeta, esacerbando il fenomeno in una corsa cieca che ricorda quella che ha portato alla guerra del 1914, cui guardiamo come alla manifestazione di un inconsapevole e irresponsabile istinto al suicidio.
Così la paura del futuro, il non vedere e non sapere, preferito alla responsabilità e alla decisione, si sposa on il conservatorismo. La cecità si coniuga con una stabilità peraltro incerta, favorita dalla paralisi del personale politico e intellettuale della sinistra.

Allora forse è tempo di scardinare questo stato di inerzia. Io credo nelle potenzialità del risveglio di una società civile, ma il ritrovamento della coscienza contro l’accettato trascinamento verso il baratro deve affrontare il fatto che qualunque potere politico che cerchi di rompere con la condizione attuale delle cose deve rompere con un sistema che ha dato legittimità e autorità istituzionale all’illegalità. Significa fare una guerra casa per casa strada per strada alla corruzione, che ha contribuito alla costituzione di quello che è stato chiamato debito illegittimo.
Non siamo la banda bassotti, anche se è più facile rapinare una banca che farsi dare un prestito, ma per favorire sia pure lentamente una socializzazione del credito, è possibile che si agisca sul piano della diffusa domestica disubbidienza, cominciando col non pagare debiti anche piccoli ma simbolici. Bisogna manifestare contro la tolleranza nei confronti dell’evasione fiscale, che comporta la flessione di alcune categorie di fiscalità per mancanza di introiti e l’obbligo a emettere sempre più titoli di debito pubblico, avvitandoci in una situazione in cui è necessario reindebitarsi per pagare gli interessi sul debito. E occorre dare una consistenza scientifica e politica alla denuncia del debito «odioso» che ha degli appigli nel diritto pubblico internazionale. Appigli che risalgono agli anni Venti e Trenta e che sono stati riattivati negli anni Ottanta in America Latina.
La questione del debito illegittimo coincide con il ripristino di condizioni di democrazia reale, quella che spinge a ragionare insieme per difendersi, a stringere vicoli di solidarietà, a resistere alla sopraffazione in tanti. “Adesso chiamatela pure "lotta di classe" se volete, ma chiedere a un miliardario di versare almeno le stesse tasse della sua segretaria è semplice buon senso “. Purtroppo la battuta esemplare che non è stata pronunciata in Italia, è di Obama, senza Occupy Wall Street non gli sarebbe forse venuta in mente e vuol dire che dobbiamo occupare le nostre wall street.

martedì 13 marzo 2012

Maniero in gondoleta


di Miss Apple


Era davvero necessaria la serie tv su Felice Maniero?
Appena vista la prima delle due puntate che raccontano la storia di faccia d’angelo, il re della mala del Brenta.
Non è una brutta fiction, Elio Germano è superlativo, dà il massimo di sé nella parte di Maniero, ma qualcosa stona e, giuro, non ho fatto paragoni con la serie “romanzo criminale”,
manca tutto o meglio, abbiamo già visto tutto con la serie sulla banda della magliana

Vedendo la puntata pensavo a come mi sono persa molte cose durante la mia adolescenza: io mi sono divertita parecchio, ma mi è mancata tutta la vita notturna fuori Venezia, non andavo nelle discoteche al di la del ponte, come facevano le mie amiche. Non che scorrazzassero con malavitosi, per carità.
Piuttosto pensavo a come è sempre stata tranquilla Venezia, certo, avevamo kociss, noi, avevamo el marsian, ma nulla di così brutto e davvero malavitoso come la banda di Maniero.
Io ho non ho mai visto una pistola, non so se riuscirei a dormire, a far l’amore con un uomo che ammazza. Nella serie si racconta la storia di lui, della faccia d’amgerlo, con una studentessa. una di quelle ragazze per bene, una come noi, che stiamo qua su facebook a parlare male di Berlusconi e metter foto di attori fighi che ci piacerebbe conoscere.
Possibile che ci sia così interesse per uomini violenti? possibile che possano esercitare così fascino?
E' possibile, certo e non devo meravigliarmene. Io stessa avrei curiosità di parlare con chi vive fuori da ogni regola, ma non per fascinazione, solo per capire cosa possa generare tanta voglia di violenza.

lunedì 5 marzo 2012

Demenzial Tav


di Massimo Pizzoglio

ll mistero e il complotto si aggirano nei sotterranei d'Europa, in particolare sul confine italo-francese, ma propagandosi per tutta l'area mediterranea.

Le recenti affermazioni dell'ex-magistrato ed ex-senatore Imposimato sulla TAV come causa degli assassinii di Falcone e Borsellino, dopo un primo momento di perplessità storico-temporale, spalancano nuovi scenari e pongono nuovi interrogativi. Buona parte della nostra storia potrebbe avere una chiave di lettura diversa e alcune scoperte considerate trascurabili acquisterebbero nuovo valore.

Prende altra luce il ritrovamento, durante lo scavo per le fondamenta della villa di Craxi ad Hammamet, di reperti su cui si poteva leggere del progetto di Accheduebale Barca, fratello meno conosciuto di Annibale e Asdrubale, per un tunnel sotto le Alpi che avrebbe facilitato il passaggio delle truppe cartaginesi. Progetto poi abbandonato dopo le proteste degli elefanti che si rifiutavano di camminare per cinquanta chilometri in un buco angusto e malamente ventilato, l'uno contro l'altro in fila indiana (che ancora non si sapeva cosa fosse, ma già rendeva l'idea...)
L'idea venne riproposta a Capua, durante gli ozii, ad alcuni capi della Antica Camorra Organizzata, che la accantonarono per momenti più propizi.

Anche l'assassinio di Giulio Cesare sarebbe legato alla traforazione delle Alpi che, dopo la conquista della Gallia, sarebbe stata un'opera importantissima per il collegamento veloce della emarginata penisola con il resto del nascente impero.
Soprattutto durante l'assedio di Alesia, il Nostro pensava a far giungere rapidamente truppe fresche e rifornimenti da Augusta Taurinorum, tanto che in un frammento recentemente ritrovato del De Bello Gallico, egli parla di una linea "Taurinorum Alesiae Velox" e vagheggia della possibilità, in futuro, di percorrere da Augusta a Lugdunum in una clessidra e mezza.
Per questi sintomi di follia e per gli interessi economici occulti che avrebbe toccato quell'opera, Bruto e Cassio complotteranno per ucciderlo: pare che, delle ventitré pugnalate assestategli dai numerosi congiurati, quella mortale gli sia stata inferta da tal Notavio.

I secoli bui spazzeranno via questi progetti e le grandi esplorazioni marittime distrarranno la malavita organizzata dal rispolverare idee perforanti, ma all'inizio del XVIII secolo piemontesi e francesi, con la scusa "è la guerra che ce lo chiede!" faranno esperimenti congiunti di scavo di nuovi tunnel, in concomitanza con l'assedio di Torino (messo su per coprire il rumore dei lavori).
Lavori che proseguirono con gran lena e reciproca soddisfazione finché un perforatore piemontese, Pietro Micca, nell'enfasi di far saltare l'ultimo diaframma di un tunnel di prova, esagerò con la carica e saltò in aria con tutto il tunnel e il progetto.
(La frase:"sei più lungo di un anno senza tav..." che indirizzò al suo collega rimase troncata dallo scoppio e non ne conosceremo mai il significato).

Ma anche sul versante transalpino le cose proseguivano in maniera torbida e oscura.
Jean-Paul Marat, che nelle "Catene della schiavitù" ben descrive come utilizzare l'esercito contro il popolo ribelle, viene ucciso dalla giro(to)ndina Charlotte Corday mentre firmava, nella vasca da bagno per massimo spregio, l'autorizzazione alle trivellazioni da parte francese, come si intravede nel famoso dipinto di David.

Tutto si gioca sotto traccia per più di un secolo, quando l'anarchico Gaetano Bresci uccide il re Umberto I a Monza, mentre si recava al Ministero delle Ferrovie Padane per dare il via finale alla "vera" perforazione delle Alpi dopo la "prova" del Frejus.
Il Bresci, che proveniva dagli Stati Uniti, dirà a sua discolpa: "E' l'America che ce lo chiede!"

Con il fascismo, le grandi opere tornano in auge e Mussolini ne è strenuo fautore:
per l'Agro Pontino mette direttamente in concorrenza la Mafia del Brenta, la Camorra e la Banda della Magliana.
Ma è proprio la litigiosità tra i contractors che lo farà desistere da un nuovo tunnel sotto l'arco alpino.
Pare che di passaggio a Venaus, fermasse la macchina e, in piedi e con i pugni sui fianchi, gridasse irato alle montagne: "noi vi spezzeremo le reni!"
Ma poi, come al solito, non se ne fece nulla...

Con l'odierna ondata di intrighi e sospetti, sorgono anche dei dubbi sulla coincidenza dell'Orso d'oro, dato dai tedeschi ai fratelli Tav-iani...
Che, alla premiazione, avrebbero detto:" è Rebibbia che ce l'ha chiesto!"