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giovedì 29 novembre 2012

IL CAFFE' DELLE BEFFE - I fratelli duellanti


di Mariaserena Peterlin

L’ha visti iersera quant’ereno carucci?”
“ Tanto educati che manco l’ho sentiti
Giocaveno cor treno e ai cavallucci
tranquilli e boni, senza zozzà i vestiti.”

Ma che je devo dì signora mia?
Certo educalli bbene è stata dura,
e quanti sacrifici in casa mia!
Er primo, ch’è più grande, de natura

era geloso de sto fratellino
che rottamava pure er pannolino
e voleva er computer e er camioncino…”

- Mentre l’altro studiava da pretino!?.-
- L’ho cresciuti a sgrugnate e sepoffà!-
- Speramo nun se fanno buggerà. -


domenica 25 novembre 2012

IL CAFFE' DELLE BEFFE - Una domenica da Trilussa


di Mariaserena Peterlin



Cinque Cavalieri, n'Apocalisse

Votateme perché so’ ‘coraggiosa
so’ tanto coraggiosa che so’ donna
s’acchitta la Puppato e s’ariposa
sulle vecchie certezze de mi nonna.

Un artro se presenta: “ io so’ vincente
chè l’uguaglianza è tutto e io so’ più uguale
ve regalo certezza de speranze
continuate a sperà, che nun fa male.”

Parla er Tabacci : “er centro  nun è centro
vado a sinistra ma nun è sinistra
e nel frattempo se ritrova drento
ar communista poco communista.

Ariva pure er Renzi de carriera
rottamatore, ma co’ malagrazia,
coi sordi co’ l’aereo e la corriera
fa incavolà la Bindi… na disgrazia.

E poi non ve scordate der Bersani
che quanno parla pare un fratacchione
serve coraggio, piada, pace e bene
ma s’è legato ar Monti col cordone.

Ma che ve devo dì? Tanta caciara
e cinque continenti de penziero,
qui stamo alla  viggilia de la gara
e tra li cinque manca un condottiero.



Er redditometro

 Mo’ la chiameno “coerenza”
tra la spesa e lo stipendio:
ma è finita la pazzienza,
tra li redditi e er diggiuno,
dei poracci che, a compendio
de sti bei quarti de luna,
quarche vorta, putacaso,
se se comportano da Creso
e se sparano na fetta
de mortazza o de porchetta.

Dici - embè? ciai da nasconne
tutti i sordi che guadambi?-
Quali sordi? sto a nasconne
tutti i buffi e pure i pegni
mentre penso a gentildonne
che sui nobbili calcagni
già s’affibbiano le scarpe
comperate a via Condotti
co’ l’autista de servizzio
no’, pe ditte, un sacrifizzio!

Sto inguaiato co’ l’affitto,
nun parla’ de medicine,
de vacanze e pure er vitto
lo risolvo co’ pappine
der discount… quasi un mangime.
Redditometro? a chi a noi?
Che se more nonna mia
e se perde la penzione
stamo in bona compagnia
sotto ai ponti: e così sia!


L'Angiolino candidato

“Si ce stanno indagati nella lista
nun me candido manco si pregate”
disse Angiolino, co quer grugno in vista,
ammonendo le truppe e le brigate

de quer partito ch’era tutto a destra
e s’erano abbacchiate ed ammosciate
da quando nu se trova un comunista
nemmanco a ricercallo un po’ a sinistra.

“Io me frego!” rispondette in coro
l’armata de Melloni e Mussolini
se candidamo pure co Al Capone!

La folla se governa col bastone
nun è più tempo de palati fini
e tanto meno de pane e lavoro.

Ghignando se truccava er cavaliere:
vedelli litigà: che gran piacere!




L' Angiolino buggerato

Tra l’amazzoni appare er Cavaliere:
Rifaccio Forza Itaja!” e l’Angelino
je caschette la faccia in der bicchiere
ner mentre inciampicava er seggiolino.

Ma come Alfà e che nun lo sapevi?
Se io t’ho fatto io pure te distruggo
eri avvocato solo l’altro ieri
e leggilo ben chiaro sto messaggio.

L’Alfano, senza fiato, se riscote:
ma porcoggiuda … pure sì è indagato
l’amazzoni je so’ tanto devote,
me buggera cor fisco e er magistrato…

Sor Cavaliere mio va tutto bbene!
tra fanfare ritorno e tra pennacchi!
Er popolo guardava: “Te conviene?
“Statte attento Angiolì che so’ pernacchi!”





sabato 17 novembre 2012

Frecce rosse e tagliatori di teste


di Licia Satirico

Il viaggio è una categoria dello spirito, un'esperienza letteraria, un salto nel buio. Con Trenitalia si passa rapidamente da Gordon Pym a Viaggio al centro della terra, con qualche evocazione fantozziana.
La chiusura temporanea dell'aeroporto di Catania mi ha costretta ad attraversare l'Italia in treno proprio nei giorni in cui si parla di nuovo di ponte sullo Stretto, di Tav e di crescita (non si capisce se dell'economia, della crisi o dell'economia della crisi).

Son partita in una splendida mattina d'autunno, trafitta da un raggio di sole. L'inter city Reggio-Roma viaggiava in perfetto orario, travestito da Eurostar per ostentare calma, dignità e classe. Dopo Rosarno ci siamo addentrati in un paesaggio lunare: ciuffi di erba incolta, pale di fichidindia, qualche albero d'ulivo in depressione bipolare, copertoni di auto, case abusive così dirute da essere ormai in cemento disarmato. Per ammirare meglio questo panorama ci siamo fermati: dieci, venti, trenta minuti di immobilità perfetta a motore acceso. Nessuno e' stato in grado di dirci cosa sia successo, perché il controllore da quel momento e' sparito nel nulla e una parte di me e' convinta che vaghi ancora nella campagna calabra, sospeso nel limbo dei controllori senza controllo.

All'improvviso il viaggio è ripreso, mentre il treno ha accumulato quasi un'ora di ritardo. La coincidenza per Firenze e' stata a rischio fino all'ultimo, ma sono riuscita a prenderla al volo - piegata in due dallo sforzo - e a salire emozionata sul Frecciarossa dopo aver sporcato col trolley plebeo le scarpe eleganti di un passeggero smart. Ho viaggiato in classe Standard come i due terzi dei passeggeri del treno: quelli a cui Trenitalia lo scorso anno aveva inibito il transito nelle altre carrozze e l'accesso alla zona bar ristorante. La tentazione di fare un giro e' stata troppo forte. Ho scoperto così che la leggendaria classe Executive, con comode poltrone in pelle umana dal sedile reclinabile e sala riunioni arredata da sedie di design, e' tragicamente deserta, mentre le classi inferiori sono popolate da umanità varia che pare affetta da un'epidemia di autismo comunicativo: tutti parlano con interlocutori invisibili che assomigliano ad amici immaginari, nessuno chiacchiera più col suo vicino.

A volte però questa distanza siderale è un bene. Accanto a me sedeva una tagliatrice di teste. No, non era uscita da Jack London o da Jack the Ripper: era un'addetta alle risorse umane e si occupava della selezione del personale, predisponendo moduli per la valutazione dei lavoratori e per il loro eventuale congedo. Mi è venuto un groppo al cuore, ma il treno era talmente affollato che non sono riuscita a cambiare posto. Sono andata in giro tra i vagoni, irrequieta come il controllore smarrito nella campagna calabra varie ore prima. Il Fecciarossa Standard era pieno di professori arrabbiati con Profumo e con la Gelmini: nella solidarietà tra colleghi ho trovato conforto dal viaggio e dai compagni occasionali in vena di licenziamenti choosy.

Il viaggio di ritorno non è stato da meno: ho rischiato, ancora una volta, di perdere il treno per la Calabria Saudita a causa di un guasto del Frecciarossa su cui avevo prenotato un posto. Cambiare treno e' un'impresa quasi impossibile, anche dichiarandosi disposti a pagare supplementi o differenze: l'utente Standard frequenta i treni ad alta velocità a suo rischio e pericolo, e se il treno non arriva sono fatti suoi. Non è tanto per dire: giovedì pomeriggio, sul Torino-Roma, un passeggero ha avuto un infarto ma il treno non si è fermato, perché l'alta velocità non prevede malori né soccorsi. Prima di prendere uno di questi treni è meglio sottoporsi a opportuni esami cardiologici.

Fatti i debiti scongiuri e constatato il mio decoroso stato di salute, son salita da poco sul treno per casa. I passeggeri sono diversi: non più ganzi in carriera né selettori del personale ma signore assonnate, coppie anziane piene di bagagli, accorti calabresi con sporte olezzanti di cibo untuoso e sapido. Nessuno di noi ha orologi in vista: il tempo non è poi una dimensione così importante, specie se viaggi verso la punta estrema della penisola. Si narra di viaggiatori dispersi a causa dei ritardi e mai più ritrovati, di altri che sono scesi addirittura ringiovaniti portando sottobraccio un loro ritratto vecchio e laido. Ci sono poi quelli che viaggiano in treno per l'emozione di vedere lo Stretto di notte, l'acqua oscura che ospita i riflessi di città parallele che un ponte potrebbe solo dividere. E tra quelli ci sono anch'io.

martedì 6 novembre 2012

Rapsodia in nero sul Grande Martedì

di Alberto Capece

Scheda perforata utilizzata dall'Ufficio della razza
La vittoria di Obama è scontata, anzi no sarà una gara all'ultimo voto. Queste due affermazioni che si rincorrono sul web e sui media sembrano in contrasto, ma in realtà sono entrambe vere. Il sistema elettorale americano prevede infatti che non si elegga direttamente il presidente, ma una serie di rappresentanti i quali solo successivamente (questa volta il 17 dicembre) eleggeranno a loro volta il presidente.
Ogni stato dell'Unione ha un numero di Grandi Elettori  pari ai deputati e ai senatori che esprime, ma è proprio qui viene l'inghippo: se gli "onorevoli" sono in numero grosso modo proporzionale alla popolazione, i senatori sono sempre due per ogni stato, piccolo o grande che sia. Questo crea un'assimetria per cui gli stati meno popolati hanno un peso in proporzione maggiore rispetto a quelli grandi: il piccolo Vermont con i suoi 600 mila abitanti ha 3 rappresentanti contro i 55 della California dove vivono 35 milioni di persone. Se ci fosse una relazione precisa lo stato del Golden Gate dovrebbe averne 130. Ecco perché è abbastanza complicato fare previsioni. A questo aggiungiamo poi che i 50 stati tranne due (Maine e Nebraska) hanno il sistema maggioritario per cui anche con pochi voti di differenza un candidato può assicurarsi tutti i voti elettorali di uno stato.

Lo so, sono stato prolisso in questa spiegazione, ma in parte è necessario per ciò che mi propongo di dire. Visto che la struttura federale degli Usa ha portato i costituenti ad attribuire un numero uguale di senatori ad ogni stato e che quindi la differenza la fanno i soli congressisti, diventa vitale per il sistema americano essere aggiornati sulla popolazione di ogni singolo stato. Già così non è affatto impossibile che possa vincere in candidato di minoranza, ma se poi il dato sulla popolazione degli stati non fosse aggiornato si rischierebbe il caos totale. Per questo dal 1790 in poi si decise di fare ogni dieci anni un censimento globale della popolazione.
Una cosa complicata, ma fattibile se si trattava di 4 o 5 milioni di persone su tutto il territorio come all'inizio, ma quando la popolazione cominciò a crescere impetuosamente i dati dei censimenti rischiavano di arrivare con molti anni di ritardo e quindi di fallire lo scopo per il quale venivano fatti.
Fu così che ai primi del Novecento l'amministrazione Usa decise di provare le prime macchine tabulatrici, che utilizzavano le famose schede perforate  rimaste in uso fino a tutti gli anni '70 e oltre dello scorso secolo. Tanto che ancora adesso sopravvivono le macchine per la loro realizzazione: i biglietti di Trenitalia, sono esattamente lo standard usato dai vecchi meccanografici.

Ma torniamo indietro: venne indetto un concorso e fu vinto dalla Tabulating Machine Company, un' azienda fondata da un ingegnere meccanico di origini tedesche, Herman Holleritth. Fu così possibile avere i risultati del censimento del 1910 a solo un anno dalla raccolta dei dati, cosa che invece con i metodi tradizionali avrebbe richiesto un periodo di tempo sei o sette volte superiore nel migliore dei casi.

E qui comincia la storia oscura, che ci porta nel mistero dell'imprevedibilità degli eventi. Dopo qualche anno, Hollerith cedette in parte la sua azienda che dopo varie vicende fusioni e trasformazioni divenne nel 1924 l' International Business Machines Corporation. Cioè l'Ibm. Ma quell'International non era messo lì per far bella figura, avevo un senso preciso, perché Hollerith nel 1910 si era trasferito in Germania creando la Dehomag , ovvero la Deutsche Hollerith Maschinen Gesellschaft con molti rapporti con la ditta originaria americana. Dopo la morte di Hollerith nel 1929, la Dehomag finì per diventare una controllata della Ibm. Ma purtroppo non solo di quella, anche del regime nazista che ne individuò le grandi potenzialità nel controllo della popolazione e successivamente come strumento per rintracciare le persone di origine ebraica in tutta Europa.Con i metodi tradizionali la Shoa non sarebbe stata possibile nelle dimensioni che conosciamo.
E' una storia ancora nascosta perché Ibm muove tutte le sue pedine che coprire il più possibile la vicenda di collaborazione tecnologica con la Dehomag, per non parlare delle royalties direttamente pagate dallo stato tedesco che corsero almeno fino al 1941. Ma dopo l'entrata in guerra degli Usa i contatti continuarono, passando attraverso la sede Ibm di Ginevra.
Insomma quando saremo accomodati a goderci le elezioni americane, magari attraverso un computer, possiamo essere certi di quanta inattesa e a volte terribile storia corra dietro il monitor.