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lunedì 1 ottobre 2012

Hobsbawn e il secolo infinito

di Alberto Capece

Non so se Erich Ostbaum, il cui nome fu storpiato ad Alessandria d'Egitto, dove nacque, nell'anglo-esotico Hobsbawn, avesse ragione a sostenere che il '900 sia stato un secolo breve. Anzi mi sento di contraddirlo apertamente proprio grazie a quanto ho imparato sui suoi libri e dico che siamo ancora in pieno Novecento, dentro un secolo lunghissimo che potremmo far cominciare anche molto prima dell'inizio della grande guerra.
Appartengo a una generazione che ha vissuto conflitti mondiali, ne ha sentito i racconti dalla viva voce dei protagonisti ma non è emotivamente portato a farne le porte Scee della storia recente. Però seguendo la tradizione azzarderei la data del 1898, anno in cui iniziò e si concluse nel giro di pochi mesi la guerra Ispano- Americana. Dentro quello scontro tra una Spagna giunta al fondo del barile dopo gli splendori del siglo de oro e gli Stati Uniti rampanti, ci sono tutte le stigmate di ciò che riconosciamo come contemporaneo.
La guerra per il possesso di Cuba fu suggerita e appoggiata in maniera determinante dalla stampa appartenente al magnate Hearst che evidentemente si aspettava un ritorno economico da una campagna nazionalistica; la miccia del conflitto fu l'esplosione della Uss Maine alla fonda nel porto dell'Havana che fu attribuita agli spagnoli, ma che invece fu dovuta a un incidente non si sa quanto voluto e meno; con la vittoria gli Usa misero le mani non solo sull'isola caraibica, ma anche sulle Filippine permettendo dunque di svolgere un ruolo determinante sul Pacifico e in Asia.

Dunque una credibile ouverture del secolo, tanto più che proprio in quel giro i anni andavano maturando le rivoluzioni scientifiche della relatività e della teoria quantistica, ma soprattutto crescevano i movimenti sindacali e si preparava il terreno della rivoluzione d'ottobre. Il marxismo classico dal 1917 in poi - e a mio parere senza troppo successo-  si dedicò a capire come mai la rivoluzione proletaria fosse divampata dove non avrebbe dovuto e perché invece fosse fallita laddove esistevano le condizioni "oggettive" per il suo successo.
Però intorno alla fine del'Ottocento il dibattito economico, ma anche politico era più ampio. Mentre i fanti di marina americani sbarcavano a Cuba si consumava la vittoria della teoria neoclassica dell'economia, madre diretta del liberismo attuale, sulla Scuola storica tedesca la quale sosteneva che si sarebbe dovuta abbandonare l'astrattezza sospetta delle cosiddette leggi economiche, una creazione formale dei marginalisti, in favore di un approccio basato sul contesto storico e sociologico. Una sconfitta che ha avuto conseguenze che ci portiamo dietro ancora oggi assieme alla convinzione che esistano leggi ineluttabili e non scelte di civiltà.

Potremmo aggiungere anche che in quegli anni l'Europa sebbene divisa da furiosi nazionalismi (che dopo le guerre di indipendenza italiane, quelle tra Austria e Prussia e infine il conflitto franco-tedesco si sfogavano soprattutto in contese coloniali), cominciò a godere di una straordinaria integrazione economica che tuttavia non riuscì a scongiurare l'incendio della grande guerra. Anzi a questo proposito potremmo retrodatare ancora il nostro Novecento e vedere la fine del secolo precedente nella Comune di Parigi del 1871 dove si estinse definitivamente la lotta di popolo nell'accezione illuministica e derivata dalla presa della Bastiglia.

E' abbastanza evidente che da quel fine ottocento, anno più anno meno, i fondamentali del mondo non sono poi molto cambiati, anche se 70 anni di lotta tra comunismo e capitalismo, un po' ci confondono: la teoria neoclassica dell'economia è ancora quella dominante, la relatività e la meccanica quantistica sono ancora alla base della nostra fisica, l'idea di rivoluzione è ancora strettamente collegata a quella di lotta di classe, gli Usa sono ancora la forza preponderante nelle contese geopolitiche e ancora si usano stratagemmi, come quelli della Uss Maine per fare guerre, come l'Irak dimostra superbamente, il possesso dei media è ancora più determinante per dirigere opinione pubblica e politica. In più le tesi razziste che proprio nell'ultimo decennio dell'Ottocento furono "sistematizzate" nei vari deliranti e irreali filoni in cui si dividono, fanno ancora una straordinaria presa, umanamente repellente, ma perdipiù affette da un patetico anacronismo.

Tuttavia abbiamo consapevolezza che proprio oggi, mentre stiamo vivendo, questo mondo viene messo in discussione: i teoremi della crescita infinita sono sul punto di essere spazzati via con tutti i loro correlati, sempre più siamo consapevoli che ci occorre una nuova fisica che spieghi ciò che non riusciamo a più a comprendere bene dentro i vecchi paradigmi, si comincia finalmente a riconoscere che l'economia  deve essere per l'uomo e non viceversa, mentre cresce la consapevolezza che essa è una particolare branca della sociologia e non una scienza "dura" o dialettica che può essere brandita dal potere, i media sono stati investiti dalla rivoluzione digitale che non solo permette contatti prima inimmaginabili, ma rende più orizzontale l'informazione, gli Stati uniti e l'Occidente non sono più i padroni assoluti del mondo e anzi vanno perdendo rapidamente la loro centralità, mentre le nostre società si fanno sempre più multietniche, come del resto era nel mondo antico. E infine le piazze che si riempiono ogni giorno in qualche parte d'Europa, rassomigliano più alla variegata folla della Comune che non a quella che prese il Palazzo d'inverno. E' proprio in questi anni insomma che il lunghissimo Novecento sta davvero finendo. E finirà se noi lo vogliamo: per una volta, con la lucidità che ci ha regalato Ostbaum, possiamo decidere di uscire dall'agonia e decidere noi la fine di un secolo.




2 commenti:

  1. se finiremo di denunciare soltanto,dando visibilità piena alle esperienze e persone positive e in piena luce, i teoremi saranno spazzati via più in fretta...maria g.m.

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  2. "...possiamo decidere di uscire dall'agonia e decidere noi la fine di un secolo". Sì, lo possiamo anche fare. Ma più complesso e difficoltoso è decidere in quale modo, con quali presupposti iniziarne un altro. A meno che non optiamo per l'eutanasia ed è finita lì.

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