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domenica 3 marzo 2013

Milano, provincia di Reggio Calabria


di Anna Lombroso

Bisognerà ricordare ai lombardi che hanno votato Maroni quando la Lega diceva forza Vesuvio, forza Etna, che le mafie erano una malattia meridionale e che la padania sana non poteva esserne contagiata. Bisognerà ricordare loro che hanno votato quelli che sedevano in Giunta con un assessore che aveva preso voti dalla criminalità organizzata. Intanto sarà bene che si leggano l’allarme dei servizi a proposito dell’Expo milanese del 2015 e la denuncia che le grandi opere di edilizia pubblica ("specie nella riqualificazione delle rete stradale, autostradale e ferroviaria") e il settore delle energie rinnovabili sono da tempo nel mirino della criminalità organizzata di stampo mafioso, la cui capacità di infiltrazione appare "sempre più pervasiva su tutto il territorio nazionale", grazie all’accentuata mobilità territoriale dei sodalizi che consente loro di inserirsi agevolmente in circuiti collusivi in grado di soffocare l'imprenditoria sana ed inquinare le iniziative di sviluppo anche attraverso l'aggiramento della normativa antimafia sugli appalti.

Secondo le indicazioni raccolte, "i gruppi criminali continuano a ricercare contatti collusivi nell'ambito della pubblica amministrazione, funzionali ad assicurarsi canali di interlocuzione privilegiati in grado di agevolare il perseguimento dei loro obiettivi economici e strategici, quali il controllo di interi settori di mercato e il condizionamento dei processi decisionali, specie a livello locale.

Da anni si sa del traffico internazionale di sostanze stupefacenti, pusher in tutti i quartieri, ma anche della penetrazione nei meccanismi degli appalti, degli appoggi incondizionati da parte degli esponenti degli enti locali, del supporto ai voti dei politici, del supporto di voti ai politici, delle compartecipazioni o proprietà di società quotate in borsa, di locali alla moda, di bar lussuosi, di SpA a San Babile, centri bio e palestre.
Non è una rivelazione che non ci sia settore merceologico, professione, attività profittevole esente da attenzione criminale: dagli ipermercati alle imprese di movimentazione terra, dalle ditte di distribuzioni alimentare e di fornitura come l’Ortomercato, alle società immobiliari, dall’acquisizione di intere vendemmie, alle ditte di prèt-a-porter, con una netta preferenza per comparti legali e sani, con qualche problema di liquidità, appropriati per la conversione di movimenti opachi, per accreditarsi in ambienti inesplorati, per dare “reputazione” a quanto era consigliabile mantenere invisibile.

Da un’analisi sulle imprese sequestrate emerge il quadro delle “preferenze imprenditoriali” delle mafie: al primo posto l’edilizia, il mattone compone il 42 % delle società sequestrate, confermandolo come il settore più permeabile alla penetrazione. Considerata la loro liquidità, le organizzazioni criminali battono la concorrenza nell’aggiudicazione degli appalti. Sono disposte a eseguire lavori in perdita pr riciclare denaro sporco. Senza contare che gli intrecci opachi dei clan con la politica e la pubblica amministrazione, favoriscono i cambi di destinazione d’uso, le scorciatoie e le licenze facilitate, così come l’aggiramento di controlli.

Gli altri settori oggetto delle attenzioni mafiose più pesanti sono commercio, turismo, ristorazione, agricoltura, intermediazione, energia e rifiuti, sanità, giochi e scommesse e servizi, occupati dai clan sotto forma di Srl o ditte individuali, anche con prestanome inconsapevoli.
Un nuovo core business, paradossalmente, è il settore della sicurezza: ditte che forniscono vigilantes, ditte di dispositivi di protezione, agenzie di buttafuori, eserciti di addetti alla security fuori dai localrei, controllori di posteggi.

Nella rimozione spesso complice del fenomeno, dalla fine degli anni Sessanta, soprattutto la ndrangheta – ma la concorrenza di altre mafie è sempre più forte - si è ramificata nel Centro e nel Nord Italia. A favorirne l’insediamento della pingue Val Padana, un provvedimento: il soggiorno obbligato imposto a alcuni appartenenti delle organizzazioni criminali, nato da una convinzione plausibile, lo sradicamento dell’autorevole esponente dei clan dal loro territorio. Si verifica da subito un processo inverso, a cominciare dai parenti, poi l’intera sfera “familiare” influenzata dal capo a “trasferirsi” importando usi e contaminazioni, sequestri di persone o serpeggianti infiltrazioni. Così non è stato il luogo a cambiare il criminale, ma il criminale a trasformare il luogo.

Detto così sembra che ci sia stata una invasione silenziosa di barbari provenienti da un Sud marcio, tossico e violento in un Nord pacificamente disponibile all’assoggettamento, coppole e lupare che pervertono l’indole onesta e operosa di ottusi polentoni. È che convenienza e triti stereotipi hanno preferito tacere di accordi e vincoli stretti per reciproca convenienza, di taciti compromessi concordati con scambievoli favori, voti, potere, accreditando l’ipotesi convenzionale di un parallelo virtuale, con la legalità, la laboriosità, l’onestà, su, e il malaffare, la sopraffazione, la violenza, giù. Basterebbe invece ricordare qualche caso esemplare e simbolico di quell’intreccio avvelenato tra sedicenti virtuosi e dichiarati trasgressori: a cominciare dall’inchiesta aperta dalla procura di Caltanissetta sul suicidio di Raul Gardini, che avrebbe accertato i legami dei manager della Ferruzzi e della Calcestruzzi con Riina, già denunciati da pentito Messina nelle dichiarazioni rese a Borsellino nel ’92. O lo sfondo oscuro su cui si sono mosse gli attori del caso Parmalat, tra i quali fa spicco un nipote di Zagaria, secondo le regole e la tempistica di quello che il magistrato Cantone ha definito il “fattore 3 C”, convivenza, connivenza, convenienza, ben noto a esponenti di spicco della politica, gl Scajola, i Lunardi, convinti appunto che è realistico scendere a patti con la mafia, presenza inevitabile fino a diventare desiderabile.

Oggi la crisi dell’economia ufficiale sancisce la crescita dell’economia criminale, il cui moltiplicatore è alla base della piramide sociale, la gente impoverita che va dai compro oro, si rivolge agi usurai, mette la testa nel cappio. Ma la più fiorente azienda del Paese non si accontenta più delle fedi nuziali o dei gratta e vinci degli straccioni, sempre più ricattati perché più mafia significa costo del denaro più elevato e sempre meno prestiti. Le modalità, i metodi e le procedure del gioco d’azzardo della finanza creativa coincidono o mutuano reciprocamente con quelli della criminalità, si nutrono di corruzione, evasione, riciclaggio. Gli appetiti delle mafie sono insaziabili come quelli della finanza accumulatrice e rapace, e i luoghi diventeranno comuni: istituti di credito e banche sono oggetto di penetrazione di cupole internazionali, così come finanziarie e gestori di fondi. La globalizzazione ha trovato la tua terra senza confini e il suo humus più favorevole nel malaffare, è riuscita nell’opera che pareva impossibile di raggiungere l’uguaglianza più perversa tra Nord e Sud.

2 commenti:

  1. Anche il FRIULI è da tempo cosa loro,ma da noi abbiamo dei pericolosissimi coltivatori di canapa,che per poche piante vengono condannati più dei rapinatori di banche e degli stupratori! E le autorità vigilano costantemente che il fenomeno non prenda piede(la coltivazione)mica le mafie!

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