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domenica 9 dicembre 2012

Epistemologia della porta


di Licia Satirico

Si dice che alcuni posti siano la porta dell’inferno. E se l’inferno fosse solo la porta? Non mi riferisco alla metafora del passaggio, ma proprio a quel singolare aggeggio in legno o vetro, con o senza maniglie, che tutti troviamo sulla nostra strada più volte al giorno. Più spesso siamo noi a trovare la porta, ma senza le giuste informazioni per affrontarla: ecco alcune forme di manifestazione del manufatto ostile e le indicazioni per prevenirne l’eventuale comportamento deviante.

La porta mimetica è una non porta, realizzata per dissimulare la sua vocazione di transito. Con la complicità degli architetti si nasconde perfettamente tra la boiserie, nelle tappezzerie imbottite e in mezzo a densi drappeggi di tessuto austero. Si tratta di un classico caso di mimetismo criptico offensivo: è una strategia evolutiva per ingannare la preda durante l’avvicinamento, solo che la preda siete voi. Si calcola che il numero di predazioni riguardi di norma la metà degli individui, almeno una volta nella vita. Secondo un’ardita tesi minoritaria il mimetismo portale nascerebbe a fini selettivi della specie, per agevolare nei superstiti l’individuazione della porta passivo-aggressiva mediante il contatto carnale tra essa e la vittima.

La porta a vetri è una variante bastarda della porta mimetica: si caratterizza per l’invisibilità a occhio nudo e per la sfrontatezza del tratto. Esistono porte a vetri colpose, che incrociano il tuo cammino senza volerti fare del male (solo che le disegnano così e tu non le vedi), e porte a vetri dolose con tendenza omicida. In quest’ultima ipotesi, se pensi che una fotocellula segnalerà per tempo il tuo passaggio, la porta a vetri resterà chiusa. Se speri invece che la porta resti chiusa per non morire assiderato, si aprirà di colpo.
La porta ipocrita è un’altra parente stretta della porta mimetica. Si presenta come porta, ma non porta da nessuna parte: la si imbocca e si finisce d’un tratto in uno sgabuzzino delle scope o in una cantina a strapiombo. Leggi statistiche dimostrano che il fenomeno si riscontra con frequenza direttamente proporzionale al numero di persone che vi sta osservando.
La porta scorrevole aggredisce le prede avvolgendole e soffocandole nelle sue spire. Il suo moto perpetuo, tuttora inspiegabile, è dovuto a una forma di bulimia. La porta scorrevole è sempre alla ricerca di prede lente, impacciate, con bagagli o pacchi. La fine è rapida e dolorosa: questa porta amputa, tritura, sminuzza e schiaccia tutto ciò che finisce nel suo territorio di caccia. Molto diffusa nell’emisfero boreale, la porta scorrevole è una specie adattabile che si rinviene in numerosi habitat: alberghi, uffici pubblici, negozi e persino edifici privati. Si sussurra che, essendo femmine, le porte scorrevoli depongano uova nel corpo delle vittime, che semineranno a loro insaputa altre porte scorrevoli per molti anni a venire.

Altrettanto diffusa è la porta a sorpresa: è una porta algebrica che combina insieme materia e antimateria, con variante scalino/voragine. La porta a sorpresa può essere frontale, se ti fa cadere in avanti, o occipitale se ti fa cadere all’indietro: in quest’ultimo caso provvede personalmente a darti il colpo di grazia con agile movimento di ritorno. Vive nei pressi degli ascensori e dei bagni dei locali pubblici, dove prospera grazie a sensori automatici d’illuminazione affetti da disturbo bipolare.
Si sussurra che la porta dell’elfo abbia ispirato a Tolkien la figura dello Hobbit. La porta dell’elfo dà accesso abnorme a sale di dimensioni e soffitti assolutamente normali: può lasciar passare con agio solo bambini sotto i cinque anni, brunettoidi, pidiellini senza tacchi e piccoli quadrupedi. La caratteristica della porta dell’elfo è l’oblio da essa indotto: dopo averla attraversata come un ballerino di limbo, dimentichi che non è una porta normale. È così che ti dirigi verso di lei con incosciente sprezzo del pericolo: felice, ilare e loquace, vivi i tuoi ultimi istanti di allegria prima di fratturarti la calotta cranica.

La porta a porta si trova negli studi televisivi di regime. Possono attraversarla solo ex premier botulinico-lenonici, politici rampanti, giornalisti deferenti, criminologi e plastici. Come in certi water avveniristici il suo attraversamento è scandito dalla musica di Via col Vento, che però non ha mai suggerito la scomparsa del format dai palinsesti. Si estingue solo col cambio di canale. Definitivo.
La porta cortese resta sempre aperta, perché non si richiude mai più. Teme solo i fabbri, al cui cospetto torna a comportarsi come una porta normale per il tempo strettamente necessario a farvi passare per dementi. Una sua variante è la porta a soffietto, che col tempo si sgancia dall’alto verso il basso fino a scollarsi come la tendina di Psycho.

C’è infine la porta automatica, che può essere di tre tipi: silente, per tranciarti meglio, “apriti Sesamo”, se dotata di comandi vocali, e “chiuditi Sesamo”, se detta condizioni per il tuo rilascio. Tipica di banche e uffici postali, a differenza di altre specie non è priva di un suo senso dell’umorismo. Se sei sovrappeso, in stato interessante o pieno di borse, la porta automatica ti invita ad entrare uno alla volta. E mentre scopri di essere uno e bino cercando il pulsante di aiuto, la porta automatica si rivela beffarda come la vita: conosce solo le domande e non le interessano le risposte.

1 commento:

  1. Brillantissimo, chapeau. Segnalo un errore, in "porta scorrevole" leggere " porta girevole"

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