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domenica 9 ottobre 2011

Dancing in the rain of frogs


di Anna Lombroso

Alle prime note di " ed ho in mente te", il solista è stato preso da una struggimento.. come un groppo di nostalgia allegra. E avevano fatto Patti Smith e avevano fatto Cindy Lauper e avevano fatto Adele, ma quando ha cominciato ho in mente te a G. influente direttore generale di un ministero appena approdato a una dorata pensione precoce, si è spezzata la voce e le tre swingle singers, soul, rock e pop, due vigilesse e una hostess, gli sono andate in soccorso con armoniosa determinazione. Bravi, magari il chitarrista, alto funzionario della banca d’italia dovrebbe impegnarsi di più, ma su suo collega alla tastiera e su quello al basso non c’è niente da dire.
Ea la prima volta che si esibiva in pubblico la band, abituata a cantare nelle case di amici, ma da due anni provano almeno due volte alla settimana in un garage, che sotto le volte del capannone industriale, cattedrale dell’algido anonimato elevata in un paesaggio impersonale e spettrale di periferia - che sai che c’è ma ci arrivi solo col tom tom - aveva chiamato gli amici, quelli degli archivi di memorie condivise, dell’intimità. Quella confidenza che si compiace delle passioni degli affini e degli amati, quando si dispiegano e si esprimono e cosa c’è allora di meglio delle canzoni, canticchiate, stonate, che svegliano i ragazzini in noi e le nostalgie soprattutto quelle di qualcosa che non si è ancora avuto e si aspetta.
E infatti in giro sotto le volte grigie del capannone la facce erano domestiche, allegre e soddisfatte. Le facce gentili della gente per bene, del ceto medio operoso forse non felice, ma appagato e solido. Tanto da potersi infilare in un gilet di broccato e da cantare ho in mente te.
Una serata istruttiva per chi vorrebbe cantare ma ha poca voce. È bello veder circolare passioni allegre tra tante passioni tristi, tanto ripiegamento egoista, indifferente e solitario, che è poi quello che fa da humus per la sopraffazione e la tirannide.

Una serata istruttiva perché fino a non molto tempo fa probabilmente sarei uscita dal capannone e invece di canticchiare corazon espinado mi sarei chiesta perché stavano a suonare la batteria e a cantare quei connazionali soddisfatti, invece di andare con più profitto in sezione, al dibattito, all’ Arco della Pace per la manifestazione di Libertà e Giustizia, insomma a “partecipare”. Avrei elucubrato sulla disaffezione dalla democrazia, che come dice Montesquieu è una innamorata che stanca un po’ perché richiede impegno, fatica e invece noi cittadini siamo pigri e ci siamo abituati al benessere che induce e dimentichiamo di alimentarla. E pensiamo che le virtù politiche possano essere delegate a chi sta peggio, poveri,derelitti, emarginati, migranti, perché ne hanno più bisogno, come se noi avessimo acquisito e potessimo lasciare in eredità senza fatica solidarietà, legalità, civiltà, senza viverle e testimoniarle. Oggi i poveri sono più poveri e prima o poi la loro rabbia condannerà una classe dirigente riluttante a passare da qualsiasi cruna, che anzi ha comprato tutti gli aghi.

Ma è che io come tanti non consideriamo quella che è una larga larghissima zona grigia. Che noi consideriamo grigia perché esce poco allo scoperto, perché non la esploriamo, perché comunica poco e fa poche serate musicali e non va all’Arco della Pace, un’altra Italia insomma anche rispetto a quelli che rivendicano di esserlo ma che hanno facoltà di dare “pubblicità” alla loro diversità. Alla quale ho spesso guardato con un po’ di spocchia per non saper riconoscere che ci sono appunto forme di piccola quotidiana resistenza “altra”, quella al conformismo che è perfino musicale, che combatte contro il proibizionismo della bellezza e della conoscenza, prima che Mozart e Roth ma anche Jay Z e perfino il nuovo Nobel si debbano ascoltare in clandestinità come Radio Londra prima di Ferrara.

Si in modo molto manicheo spesso ci siamo abituati a pensare che di fronte a un potere che declina su scala locale con qualche estremizzazione anomala, quello globale, che vuole decidere del presente e del futuro di tutto e di tutti, spossessati di ogni capacità di comprensione e decisione, disillusi e stanchi di affannarci sulla cosa pubblica, abbiamo solo una strade: il silenzio, il mimetismo, la rinuncia a ogni pretesa di dire.
Invece pare che ci sia un’altra strada, il chinarsi come il giunco al vento. Una ostinazione senza illusioni che non è detto sia rinuncia, respingendo i diktat morali, sociali e culturali del sistema, del mercato che condiziona e produce idee e comportamenti con la sua offerta prepotente di consumo e consenso, ma che silenziosamente vive, senza una vera visione o un’analisi, ma resiste. E che forse si rifa anche inconsapevolmente a un mito non eroico ma arduo come un’utopia quello del Buongoverno, di una armoniosa combinazione di gestione della cosa pubblica e di quella privata secondo principi di responsabilità senso del dovere, solidarietà e buon vivere.

Come molti vorrei qualcosa di più potente, probabilmente una elite più visibile e espressiva. Capace di combattere ad armi pari con un sistema di relazioni che ha come madre la potenza sopraffattrice, nei rapporti tra i popoli e tra parte e parte, tra i dominatori e gli oppressi, all'interno delle nazioni. L'uso di categorie primordiali come, ad esempio, quelle di amore e odio, per dividere il campo dell'agone politico, sono il riflesso di questa concezione della politica basata sulla malevolenza tra gli esseri umani.
Ma in realtà se la politica oggi sembra essere violenza e prepotenza, abbiamo bisogno di
concezione opposta quella espressa in una frase di Aristotele: «compito della politica pare essere soprattutto il creare amicizia» tra cittadini, cioè legame sociale. Propria di coloro “ che amano stare con le altre persone, non sopra, nemmeno accanto o, peggio, altrove “. Quella che vive di reciproca fiducia e del ragionare insieme.

È probabile, senza retorica che la società civile esista e resista. Come l'insieme delle persone, delle associazioni, dei gruppi, perfino delle band, di coloro che dedicano o sarebbero disposti, se solo ne intravedessero l'utilità e la possibilità, se i canali di partecipazione politica non fossero secchi o inospitali, a dedicare spontaneamente e gratuitamente passione, competenze e risorse a ciò che chiamiamo il bene comune. Forse bisogna cominciare a sentire la loro canzone e fare musica con loro.

12 commenti:

  1. A TRIPPATA MA CHE TE FAI? CAMBIA SPACCIATORE

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  2. credevo che era uno scritto della serata e non un poema politico.........credo che hai sbagliato serata, lascia queste considerazioni in un altro post del tipo "una serata a cena con Berlusca".........
    Spero che sarai invitata a Palazzo Grazioli, ciao Paolo

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  3. A volte uno vorrebbe selezionare i lettori. E' una tentazione irresistibile quando ne incontro uno impegnato in una colluttazione perdente con la consecutio e i congiuntivi..

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  4. Cara Anna,
    cercando di esprimermi in un buon italiano, ma spero, anche e soprattutto, in un italiano comprensibile a tutti noi, vorrei segnalarti che la serata musicale si è svolta in una struttura espositiva, "il Mitreo" (e non un capannone industriale), situata in un quartiere, Corviale, una volta ben più problematico e difficile. Ed invece oggi Corviale, da simbolo del degrado urbano per eccellenza, si sta faticosamente riconquistando i valori di aggregazione e solidarietà, per il piacere di incontrarsi e di animare una vita culturale e sociale, di cui lo stesso Mitreo è diventato un nuovo simbolo positivo .
    Lo so, è stata solo una serata di musica tra amici, ma anche questo può concorrere a riscoprire la voglia di esserci e dare una mano nella direzione giusta, per lo stare insieme in un luogo che alcuni raggiungono solo grazie ad un Tom Tom, ma che invece va conosciuto, perchè è un pezzo della cultura della nostra città. Ci ricorda che anche questo è fare politica e lavorare per il bene comune .
    Torna dunque a Corviale da giornalista sensibile ed attenta quale ritengo certamente tu sia.
    Valter (il batterista)

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  5. Caro Valter non capisco a chi e cosa tu alluda, pensa che io ho scritto questo reportage dal sogno.. si una notte ho sognato che c'era un gruppo di persone ironiche e sensibili che attraverso la musica e la passione che suscita in loro esprimono cittadinanza e civiltà. Un modo creativo e gentile di fare politica e di ragionare insieme tra tanta conflittualità e irrazionalità. Nel mio sogno c'era tutta la speranza che di piccole comunità così ce ne siano tante, in Italia e nel mondo, raggiungibili con tom tom o con la fantasia

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  6. cara Anna,
    mi trovo in line di massima in accordo con le suggestioni socio-politiche da te espresse nell'articolo che a mio parere meriterebbe però una diversa contestualizzazione. Il nostro, in fondo, voleva essere solo un modo per stare insieme divertendoci e facendo divertire amici che viaggiano su "lunghezze d'onda" simili alle nostre. Nulla di più e devo confessarti che io mi sono divertito e tu?
    Il bassista (Puccio)

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  7. Gentile Signora, dopo ampia riflessione mi vedo costretta dalla mia sensibilità ad aggiungere qualche parola ai commenti sul suo articolo che anche mi riguarda poichè proprio g. mi ha invitata a leggerlo.
    Cercherò di non dilungarmi e limitarmi a correggere le inesattezze che mi hanno dato dispiacere.
    Il nostro chitarrista è un musicista preparatissimo sul quale noi sette facciamo grande affidamento, non c'entra la sua professione. Sul quel palco l'emozione ha giocato un ruolo perfido per tutti... tra i miei invitati di ceto basso, medio, piloti,avvocati, ingegneri, architetti medici ,industriali e bambini scalmanati c'erano anche dei musicisti-professionisti e se ne sono accorti.
    La "sala musica" dove ci incontriamo (uniti dalla passione per il pentagramma, dal grande senso della condivisione e con l'umiltà di partecipare al gioco del giudizio cui ci sottopone continuamente, ma questo le è chiaro come spiega elegantemente negli ultimi paragrafi)è bene attrezzata e ricavata dal salone di una casa bella e comoda. Quei decibel in qualunque condominio non sarebbero tollerati, lì si studia, si usano amplificatori nel rispetto delle regole e soprattutto ma proprio "sopra ogni cosa" veniamo accolti con grande ospitalità e dolcezza, tea e pasticcini...chiamarlo garage non mi è sembrato gentile!
    Valter senza sgrammaticature fastidiose ha espresso in modo chiaro molto molto chiaro altre riflessioni alle quali mi associo a cui mi permetto di aggiungere"...pochi metri dalla Via Portuense" strada antica non lontana da casa mia... Roma è grande c'è posto per tutti!
    Spero di essere stata garbata, la semplicità mi seduce ma so quanto sia difficile e sempre più raro lo scrivere bene. Lei sa farlo io non pretendo tanto da me stessa.
    Io sono Anna, l'agente di polizia municipale, il termine vigilessa ci è stato vietato da tempo.
    Ho cantato quella sera patti smith e cindy lauper, le piacciono? E questo sì, mi fa veramente piacere.

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  8. Non voglio entrare nel merito del post, ognuno sul proprio blog scrive quel che vuole.
    Ma il commento che hai fatto (ti do del tu perché siamo colleghi "blogger") a Paolo:

    "A volte uno vorrebbe selezionare i lettori. E' una tentazione irresistibile quando ne incontro uno impegnato in una colluttazione perdente con la consecutio e i congiuntivi.. "

    È un bel autogol dal momento questo tuo articolo è pieno di errori (grammaticali, ortografici e sintattici) a partire dalle prime righe: "...preso da una struggimento...".
    Il tuo commento è solo un'offesa razzista e inutilmente discriminante. Dovresti ringraziare e trattare con i guanti chiunque posi gli occhi su questa pagina, indipendetemente dal fatto che ti si muova una critica o un complimento. Inoltre se si fanno correzioni linguistiche a qualcuno (soprattutto se retoriche) bisogna essere perfetti e intattacabili, ritengo. Nessuno ti obbliga ad aprire lo spazio per ospitare i commenti quindi il minimo che si deve fare è rispettare gli "ospiti", questione di educazione e civiltà.

    Mi permetto poi gentilmente di farti notare che la maggior parte delle parole usate nel post sono solo arzigogoli che non aggiungono nessun contenuto, una bella perdita di tempo per chi legge :\

    Luca

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  9. Cara Signora Anna certamente non sono istruito come Lei nello scrivere in italiano, però nei miei modi rudi e volgari cerco di farmi capire e quando sbaglio chiedo SCUSA...
    Lei, quella sera dell' 8 ottobre, probabilmente ha sbagliato a digitare l'indirizzo sul suo TOM TOM...l'indirizzo corretto era in Via Pietro de Coubertin n. 30 Auditorium Parco della Musica.
    Mi scusi da adesso nel mio modo di scrivere in italiano e spero che Lei sia così comprensiva di capire il mio modo rude e volgare dei consecutio e i congiuntivi nel farmi comprendere. Cordiali saluti Paolo

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  10. Gentile signora, immagino che lei scriva su questo blog per condividere pensieri ed informazioni e questa è un'ottima cosa perchè la condivisione potrebbe portare a discussioni e quindi a confronti interessanti. Le vorrei solamente far notare però che quando le sono state mosse delle critiche lei non ha saputo argomentare la sua posizione se non offendendo e denigrando le persone interessate dando l'impressione, a me lettrice, di voler guardare tutti dall'alto al basso. Ora lei può scegliere se vedere questa e le altre opinioni diverse dalla sua come una minaccia (e quindi continuare ad offendere) o prenderle come fonte di crescita interiore.
    Grazie per l'attenzione.
    Serena

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  11. Ero incerta se aggiungere anch’io un commento dato che il mio pensiero, leggendo questo lunghissimo e noiosissimo articolo, era già stato perfettamente sintetizzato da Luca per quanto riguarda lo stile letterario e da tutti gli altri per quanto riguarda i contenuti.
    Il mio quindi vuole essere semplicemente un pubblico ringraziamento al gruppo che ci ha regalato una serata tra amici carina e divertente (credo che non avesse pretese di essera altro che questo). Continuate così, a mettervi in gioco, a divertirvi e a far divertire gli amici. E' sicuramente più utile alla comunità una serata come la vostra che una recensione sterile e spocchiosa come la sua!

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  12. Gentile Signora Anna, non ero presente al concerto cui lei fa riferimento, ma conosco buona parte della band e questo mi autorizza a commentare il suo intervento, del quale non riesco a cogliere il senso. Dal momento che era presente al concerto immagino sarà stata anche a conoscenza dell'amatorialità dell'evento: perché quindi questa aggressività nei confronti del gruppo? aggressività, trovo, degna di uno dei peggiori critici d'arte in vena di stroncature.
    E tutto quel disquisire sulla società e sui rapporti umani mi è sembrato un mero esercizio di scrittura, tanto per dire io sono io e voi non siete nulla. Insomma, per concludere e per sintetizzare: l'evento era indirizzato ad un pubblico amico e non aveva alcuna pretesa di commercializzazione; un intervento invece, il suo, decisamente spocchioso e gratuito che non ho assolutamente né condiviso né apprezzato.
    La invito, per il futuro, ad indossare una veste di umiltà.
    Laura

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