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domenica 11 settembre 2011

A scuola di barbarie


di Anna Lombroso

Comincia la scuola… io sono a Venezia, ripenso a Calvino che ne parlava come dell’utopia urbana realizzata e della città modello per il futuro: la linea più breve che unisce due punti non è mai la linea retta, tranne che nelle astratte costruzioni di Euclide. …. Venezia ha fatto della relatività dello spazio nel movimento il suo principio fondamentale, componendo tracciati che possono combinarsi e permutarsi in vario modo collegando tutti i punti della città nelle due dimensioni acquatica e terrestre. …Caratteristica del genere umano è l’aver compiuto gran parte della sua evoluzione non sulla terra ma per aria, sugli alberi; la linea evolutiva al cui termine sta l’uomo è passata dalla vita acquatica a quella arboricola e solo in un terzo momento a quella terrestre. Perciò la civiltà umana tende verso soluzioni che concilino i tre modi di vita terrestre aereo e acquatico. In questo quadro la soluzione–Venezia è una delle più complete approssimazioni al progetto d’un ambiente umano pluridimensionale.

Ma a pensarci bene sarebbe anche la più attrezzata per governare la globalizzazione. Sempre ammesso che la storia arrotolandosi su se stessa potesse insegnare qualcosa. La sua potenza, si potrebbe definire una sorta di imperialismo monetario più che territoriale, fondato sul mercato, gli scambi, l’influenza. Una città “aperta” dove non esistevano scuole pubbliche, ma trasmissione dei mestieri attraverso l’apprendistato, e dove col crescere della ricchezza cresceva anche la curiosità intellettuale, il desiderio di conoscenza, cui non bastavano più l’esplorazione, il viaggio. Una città che oggi diremmo, faceva “rete” per allargare il suo orizzonte e il suo futuro, comprando, ascoltando, cercando, accogliendo.

Pensiamo all’istruzione: oltre alle università – Padova era stata “assoggettata” da Venezia, e là studiava la classe dirigente cittadina - fiorivano altre forme di formazione superiore. Studiosi illustri erano chiamati a tenere lezioni, corsi di filosofia erano tenuti a Rialto, finanziati con fondi privati. Proprio a uno di questi avrebbe dovuto partecipare Petrarca, residente in Riva degli Schiavoni fino a poco prima della morte. La passione per la cultura umanistica, per il latino e il greco, sono testimoniati anche dai lasciti di studiosi alla Biblioteca Marciana, come nel caso di Bessarione. Anche l’innovazione tecnica costituita dalla stampa a caratteri mobili accresce il potere di attrazione di Venezia nei confronti di intellettuali e studiosi umanisti. Dall’ultimo venticinquennio del Quattrocento la città diventa il centro europeo più attivo nella produzione di libri stampati. Gli umanisti si rivolgevano a Venezia per pubblicare le proprie opere e per ottenere le edizioni migliori dei classici. E’ entrata nella storia la vicenda di Simone Valentini, di professione mercante, che include nel suo testamento clausole relative all’educazione dei figli. Che vuole eruditi non solo della matematica, della pratica commerciale, della scienza, ma della filosofia, dei classici, della logica. Ma non per farne dei medici e degli avvocati, bensì solum mercatores, solo mercanti. Molto modernamente quindi, più colti, più sicuri, più competitivi. E quindi anche più congeniali al grande progetto di una potenza egemonica in termini commerciali, politici e culturali.
È questo il grande collante: contro gli elementi ostili, contro i nemici esterni, contro i tentativi di disordine evitati piuttosto che repressi, Venezia nell’epoca della sua grandezza, ha sempre risposto con la constantia dei suoi abitanti, con l’aspirazione comune all’interesse generale, in nome del quale viene condotta tutta la politica di espansione ad honorem et utilitatem patriae.

Si ha ragione Calvino, Venezia è stata una sorta di pratica e realistica utopia realizzata e realizzabile (e non a caso la prima edizione dell’Utopia si stampa proprio qui). Qualcosa che l’uomo di governo contemporaneo dovrebbe saper e voler fare nell’interesse generale, in quello del suo futuro e del futuro dei suoi figli. Che bisognerebbe ricordare a chi manda i figli alle scuole americane per affilar loro gli artigli della competitività e dell’arrivismo. A chi pensa che basta essere “informati”, perché ormai la trasmissione del sapere è mediatica, contano il mercato e il consumo, che orientano pareri convinzioni e aspettative con una capacità pedagogica immensa. Quindi non si impara da chi sa. Eppure di gente che sa ce n’è, mentre è meno chiaro che cosa una moderna società dovrebbe sapere, come mettere a disposizione e condividere la comunità del sapere del singolo in modo da rendere partecipi gli altri della conoscenza, eliminando non l’istituto ma la cultura del copyright.

Si se uno ne sa di più non deve poter sigillare quel patrimonio in una proprietà sua, perché il sapere non può e non deve essere un bene privato, non può costituire e determinare separatezza e anche il suo committente oltre che il suo utente deve essere l’interesse comune.
Sta venendo meno uno dei caratteri del sistema in cui viviamo: quella capacità di rendere gli uomini schiavi facendo credere loro di non essere mai stati così bene. Fino a poco tempo fa questo sorprendente risultato era conseguito attraverso l’abbondanza e l’accesso ai consumi. Ora invece si diffonde la percezione che all’arricchimento dei pochi corrisponda l’impoverimento dei molti in un tremendo crescendo inarrestabile. E così è per l’istruzione e la conoscenza, competenze sempre più chiuse in enclave superfinanziate, scuole sempre più private ed esclusive, comunicazione grezza sempre più estesa cui fa da contrappunto una informazione sempre più ridotta e detenuta in poche mani: tutto congiura per proteggere e includere la sapienza del privilegio e respingere la curiosità e il diritto a sapere di chi ne è emarginato.

Barbari è una parola che indica un deficit di civiltà e di cultura. E che evoca anche l’oblio. Per questo non è rituale dire che siamo noi i nuovi barbari, lo siamo chiamandoci fuori dando un appoggio impercettibile a volte inconsapevole alla deriva spettacolare, volgare e ignorante, accettando di credere che la civilizzazione è un processo concluso con il raggiungimento di livelli di benessere, peraltro fortemente minacciati. E che la cultura serva per fare carriera secondo quei principi di mercato, profitto e realismo cinico, e non per fare amicizia con noi stessi e gli altri conoscerci meglio, noi, i diversi da noi e in mondo intorno a noi…e poter essere più felici.

7 commenti:

  1. Mi piace, La Rossa è sempre in forma :)

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  2. cara Anna, sei bravissima e coltissima e nello scrivere...ma il blog si intitola simplicissimus mi pare...ora caffè...carenza mia senza dubbio, io non riesco a leggerti senza farmi venire il mal di testa cosa che non accade con alberto....con rispetto, un'amica che vi segue con molto interesse.

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  3. Cara Anonimo, mi spiace per il mal di testa, se non mi leggerai per ragioni sanitarie me ne dorrò ma me ne farò una ragione. Se però il tuo commento amichevole contiene una raccomandazione persuasiva alla semplificazione, non credo lo accoglierò. Perchè ostinatamente nel mio "piccolo" cerco di oppormi a tutto quello che sta contribuendo all'infantilizzazione dell'opinione pubblica. A costo di far venire il mal di testa. Grazie per l'attenzione e consiglio Tora-dol. Anna

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  4. :-) Cara Anna sono già ben attrezzata per il mal di testa, certo non sono persona colta ma non una infante, nè stupida. Non vi era nessun invito, simpaticamente volevo esprimerti che semplificare non significa sempre banalizzare ma arrivare ad un numero più ampio di persone, come diceva Ainstain in sozstanza....altrimenti torniamo al solito elittario radical chic intellettuale che certo non ha giovato nella nostra storia. Chiaro che questo è un problema mio, ma credo di tanti altri. Amo come scrive Alberto perchè pur essendo colto e preparato ti arriva in maniera pulita e chiara ed in modo arricchente. Libera di scrivere come vuoi per me certo non volevo suscitare polemiche. Una incredibile ignorante.

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  5. sai "Anonimo",io credo che non siano la forma, il linguaggio o l'espressione più o meno complessi o èlitari come dici tu,a far male al confronto o a escludere dalla politica. Ma la mancanza di idee, cultura e principi. Anche a me piace come scrive Alberto Capece Minutolo. Ma qui nessuno dei due sta facendo proselitismo, credo, nè tantomeno ritiene che questo sia un sostituto della comunicazione politica..magari!! è uno spazio di libertà di espressione. Tra l'altro è questo l'intento del Caffè, uno spazio di riflessione e intervento più che di "informazione", come è invece nella tradizione de il Simplicissimus 2. E se qualcuno si incuriosisce e ha voglio di approfondire un pensiero tanto meglio. E tanto meglio sarebbe se qualcuno partecipasse con il suo contributo di idee e opinioni: qualcosa che manca alla rete, spesso diventata una palestra per la nuova clasa discutidora (cit. da Donoso y Cortes), insomma di brontoloni. Non mi riferisco a te ma allo spirito che circola, attivo nell'invettiva, ma passivo nell'azione.

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  6. Non sono d'accordo e non ero a conoscenza del cambiamento in atto. Certo non mi interessa la forma più di tanto, ma essa è alquanto utile per capire i concetti che vuoi esprimere. Non sono qui a far proselitismi di certo, ma come posso dare il mio apporto attivo se per leggere un tuo articolo non riesco a capire cosa vuoi esprimere(molti articoli che hai scritto mi sono piaciuti molto ma poi mi sento una imbranata nel portare il mio punto di vista. Forse è un problema di pochi(non credo) hai anche tante persone che apprezzano giustamente ciò che scrivi. Il punto per me è un'altro, spesso in questi spazi non esiste contraddittorio o non viene considerato e ci si trova in metà di mille a pensarla alla stessa maniera, ciò rende passiva l'azione e l'apporto di nuove idee. Non mi è mai parso che simplicissimus 2 fosse lo spazio delle lamentazioni e comunque ben vengano nuovi stimoli. grazie per l'attenzione e buona penna. Ciao.

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  7. Ti chiedi come mai irrimediabilmente anonima? Perchè già sapevo come avresti reagito, perchè una semplice considerazione, nemmeno una critica, mi ha fatto passare per cretina, con mentalità alla Calderoli, perchè anche quelli che noi reputiamo cretini hanno qualcosa da dire, perchè se non fai proselitismi, qui sei tagliato fuori dal blog, perchè non c'è profondità nel rapporto con chi ti scrive, perchè è davvero scorretto scrivere un articolo del genere e non poterlo leggere(me lo ha inviato un'aamica) senza poter replicare. E' grave non accettare un punto di vista diverso che certo non esaltare l'ignoranza, ma casomai dirti altre cose che in questo modo certo non riuscirei ad esprimere. Non credo di averti offesa, tu sì, eccome e non mi sembra il modo più consono per creare quel dialogo costruttivo e attivo che auspicavi.

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